ANED RACCONTA – LA FIGURA DELL’ESPERTO SCIENTIFICO PER I BENI CULTURALI ALL’ESTERO
Come punto di partenza bisogna dire che l’Italia rappresenta il paese per eccellenza per la formazione di esperti scientifici per i beni culturali: qui viene formata, infatti, una figura professionale specifica, il che può avere i suoi pregi ma anche degli svantaggi. Sono almeno 12 gli atenei che offrono al giorno d’oggi un percorso formativo dedicato alla diagnostica dei beni culturali in Italia. Alcune università, ad esempio l’Università di Bologna e l’Università di Venezia, dispongono di corsi in lingua inglese con l’obiettivo di attrarre studenti internazionali, per sopperire alla mancanza di corsi specializzati in altri paesi.
Figura 1. Mappa delle Università italiane che offrono corsi per Esperti di Scienze e Tecnologie applicate ai Beni Culturali |
La situazione all’estero è meno chiara per quanto riguarda la formazione del diagnosta. In molti paesi, chi si occupa della diagnostica si forma come esperto in un campo scientifico (chimica, fisica o biologia) e, successivamente, si specializza nella applicazione delle tecniche al patrimonio culturale. Negli Stati Uniti d’America, ad esempio, i conservation scientists generalmente seguono corsi di dottorato in Chimica o Scienze dei materiali e, una volta conclusi gli studi, si dedicano al campo della diagnostica nei successivi post-doc, o intraprendendo altre posizioni lavorative. In Messico, la diagnostica è una specializzazione per i restauratori che, durante l’ultimo semestre della laurea quinquennale possono dedicarsi a questo ambito specifico, e posteriormente frequentare una magistrale o dottorato in discipline scientifiche (lo stesso percorso vale per le specializzazioni in Storia dell’Arte o Archeologia).
Sono pochi i corsi di laurea simili a quelli italiani: ad esempio, il corso in Technical Art history offerto dall’University of Glasgow o l’Eramus Mundus Joint Master in Archaeological Material Science, nel quale sono coinvolte anche tre università italiane (Sapienza, l’Università di Palermo e il Politecnico di Torino).
Figura 2. Smithsonian Museum. Jooin.com |
Questo si riflette chiaramente nella disponibilità di posizioni lavorative. Soltanto nell’ultimo anno almeno 7 posizioni a tempo indeterminato per conservation scientist o heritage scientist sono state bandite a livello internazionale (USA, UK, Svezia), nessuna di esse in Italia. Sono molte di più le posizioni a tempo determinato (tra cui assegni di ricerca professionalizzanti e post-doc) bandite, anche in Italia.
Questa situazione porta a pensare che all’estero la figura del diagnosta goda di un maggior riconoscimento ufficiale, nonostante in molti paesi (USA, Messico) il conservation scientist non abbia un riconoscimento a livello statale, come di recente è successo in Italia grazie alla inclusione del profilo dell’esperto di diagnostica e di scienze e tecnologia applicate ai Beni Culturali tra gli elenchi nazionali dei professionisti del MiC. Quindi, ancora una volta, l’Italia è un passo avanti nel riconoscimento della nostra figura professionale, ma dobbiamo continuare a lavorare per guadagnare più spazi lavorativi.
Come avrete capito, c’è ancora molta strada da fare in tutto il mondo per il pieno riconoscimento della nostra figura, attività che ANEDbc porta e continuerà a portare avanti in Italia. Nel nostro sito potete trovare più informazione sulle iniziative che l’associazione promuove.
Al prossimo articolo!
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