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ANEDbc racconta - Cosa fa un esperto scientifico per i beni culturali?

Nello scorso numero della rubrica a cura di ANEDbc vi abbiamo raccontato brevemente chi è l’esperto scientifico per i beni culturali e come è nata la nostra associazione. Oggi vi vogliamo parlare di cosa fa un esperto scientifico per i beni culturali: di cosa si occupa? Quali tecniche usa e con quale scopo? Dove lavora?

Se siete lettori affezionati di RCH, ormai avrete capito che sono tantissime le applicazioni delle cosiddette “scienze dure” (chimica, fisica, geologia, biologia, etc.) utili per lo studio, la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali.

Una prima suddivisione che si può fare è quella fra archeometria e scienza della conservazione. L’archeometria consiste nell’applicazione di tecniche scientifiche all’analisi di materiali e siti archeologici al fine di contribuire ad una migliore comprensione di problematiche di carattere storico ed archeologico. La scienza della conservazione (più nota con il termine inglese “conservation science” e da non confondere con il ramo della biologia che si occupa della conservazione della biodiversità!) si occupa invece dello studio dei processi di degrado dei materiali antichi e dello sviluppo di nuovi materiali per la conservazione ed il restauro.
Il termine Heritage Science, ovvero scienza del Patrimonio, di più recente coniazione, racchiude entrambe queste discipline. Un esperto di scienze per i Beni Culturali si occupa quindi di tutto questo, ma tipicamente si specializza nell’uso di specifiche tecniche di analisi oppure nello studio di specifici materiali.

Figura 1. Foto al microscopio ottico di ceramiche fenice (Red Slip ware, VIII-VI sec. BCE, Cadice, Spagna). L'analisi petrografica permette di ottenere informazioni sulla tecnologia di produzione e la natura delle materie prime di una determinata produzione ceramica. In queste foto, di recente pubblicazione, è possibile osservare la struttura e la superficie di colore rosso intenso tipiche della ceramica Red Slip (Fabrizi et al. 2022).

L’elenco delle tecniche analitiche che si possono usare per lo studio dei beni culturali è sterminato. Si va dalle più avanzate tecniche cromatografiche, alle spettroscopie nelle frequenze dei Terahertz ai comuni microscopi ottici che possono fornire informazioni importanti sulle tecniche di produzione e sui materiali utilizzati per la realizzazione di un manufatto (Figura 1). La strumentazione si può trovare all’interno di grandi infrastrutture come acceleratori e sincrotroni (Figura 2, destra) oppure si possono usare degli strumenti portatili direttamente nei musei o nei siti archeologici (Figura 2, sinistra).

 

Figura 2. A seconda delle necessità si possono utilizzare strumenti di piccole dimensioni e facilmente trasportabili oppure grandi infrastrutture di ricerca. Sinistra: Lo scanner multispettrale portatile sviluppato dall’INO-CNR e portato tramite il MOLAB al Victoria and Albert Museum di Londra (©Victoria and Albert Museum). Destra: Dettaglio dell’acceleratore di particelle utilizzato per le ‘Ion Beam Analysis’ al LABEC-INFN di Sesto Fiorentino (foto dell’autrice).

Anche i materiali che si possono analizzare sono i più vari (Figura 3): dalle selci preistoriche ai materiali plastici dell’arte contemporanea, dalle mummie ai dipinti rinascimentali, dai prodotti di scarto delle antiche attività metallurgiche ai più fini gioielli in oro, da manufatti piccoli come un campione di polline o una gemma a oggetti grandi come un edificio o un intero sito archeologico.

Figura 3. Alcuni esempi di materiali studiati dagli esperti di scienze per i beni culturali. a) Scoria relativa al processo di estrazione del ferro dai minerali metalliferi dell’Isola d’Elba in epoca romana (Dip. Scienze della Terra, Università degli Studi di Firenze, foto dell’autrice). b) Gioiello ottocentesco in stile revival realizzato dagli orafi Castellani (Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, foto di C. Manfriani). c) “Sophie La Giraffa” realizzata in gomma naturale (dall’utilissimo Plastic Identification Tool sviluppato da Van Aubel & Van Rooijen. d) Quarzo ametista appartenente alla Collezione delle Pietre Lavorate del Museo di Storia Naturale dell’Università degli Studi di Firenze. e) Prospetto di Palazzo Vecchio a Firenze con indicati i materiali che lo costituiscono (da Malesani et al. 2003).

Per una trattazione più dettagliata vi rimandiamo alla pagina di ANEDbc in cui sono descritte le attività principali dell’esperto scientifico per i beni culturali, suddivise in quattro macro ambiti: “chimica e/o fisica applicata“, “biologia applicata“, “geologia applicata” e “architettura, ingegneria e informatica applicata”.

In ogni caso, il contributo fornito dalle analisi scientifiche dei beni culturali è unico e spesso si rivela fondamentale: aiuta, rispondendo alle domande di restauratori, storici dell’arte, archeologi, architetti e altri esperti del settore beni culturali, a ricostruire quali tecniche di manifattura utilizzavano i nostri antenati; permette di fare studi di provenienza e datazioni, così come autenticazioni. Si possono, inoltre, studiare i meccanismi per cui un materiale si degrada e le strategie migliori per conservarlo il più a lungo possibile e in un ambiente consono (Figura 4). Si possono formulare dei nuovi prodotti di restauro e se ne può testare l’efficacia. Si possono digitalizzare le opere per favorirne la fruizione e la conservazione.

Figura 4. Esperta di scienze per i beni culturali che esegue
il controllo dei parametri climatici attraverso sensore
di umidità relativa e temperatura installato in una vetrina museale
(Sistema Museale di Ateneo, Università degli Studi di Firenze).

 

In generale si può dire che l’esperto scientifico per i beni culturali ha il ruolo di: 1) pianificare le analisi e/o gli esperimenti individuando le tecniche e/o i materiali più opportuni; 2) effettuare le analisi e/o gli esperimenti; 3) interpretare i risultati, unendo le competenze scientifiche alla comprensione delle domande e delle problematiche archeologiche, storiche e conservative a cui si cerca di rispondere, con un approccio altamente interdisciplinare. Ed è proprio per questa natura interdisciplinare che la scienza per i beni culturali richiede e trae vantaggio dal continuo confronto con restauratori, archeologi, storici dell’arte, architetti o altri scienziati.


Se vi chiedete, infine, dove potete trovare un esperto scientifico per i beni culturali, anche in questo caso la risposta non è univoca. Le ricerche in questo campo possono essere svolte in vari ambiti lavorativi: nelle Università (tipicamente nei dipartimenti di chimica, geologia, biologia, ma anche in quelli di architettura, ingegneria, informatica, archeologia); nei centri di ricerca come il CNR, l’INFN e l’ENEA; nelle soprintendenze e nei centri di restauro dove sono presenti laboratori scientifici, come ad esempio l’Opificio delle Pietre Dure, l’Istituto Centrale per il Restauro e il CCR La Venaria Reale; nei musei, anche se in Italia sono veramente pochi quelli dotati di strumentazione scientifica: due esempi virtuosi sono rappresentati dai Laboratori Scientifici delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, nati in seguito all’alluvione del 1966, e dal Laboratorio Arvedi di Diagnostica non Invasiva dell’Università di Pavia, situato all’interno del Museo del Violino di Cremona; infine l’esperto scientifico per i beni culturali può lavorare anche in aziende private che si occupano di diagnostica e restauro.

Come avrete capito il panorama in cui opera l’esperto scientifico per i beni culturali è molto vario. Nei prossimi numeri della rubrica vi presenteremo alcuni casi concreti raccontandovi l’esperienza di alcuni membri di ANEDbc che studiano materiali diversi, con tecniche diverse, per rispondere a domande diverse. Se intanto siete curiosi, sul sito di ANEDbc potete trovare i profili di tutti i nostri soci divisi per area geografica e specializzazione. 

 A presto! 

Associazione ANEDbc
Rosarosa Manca

 

Bibliografia: 

Fabrizi, L., Cappella, F., Spagnoli, F., Nigro, L., Niveau-De-Villedary, A. M., Sánchez, N. L., Di Bella L. & De Vito, C. (2022). Mineralogy and microfossils as key drivers for the characterization of the Phoenician Red Slip Ware from Cádiz (Andalusia, Spain). Microchemical Journal, 107054. 

Malesani, P., Pecchioni, E., Cantisani, E., & Fratini, F. (2003). Geolithology and provenance of materials of some historical buildings and monuments in the centre of Florence (Italy). Episodes, 26(3), 250-255.

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