News from Diagnostic World: da dove provengono le ceramiche?
È possibile capire dove siano state prodotte le ceramiche ritrovate nei contesti archeologici e quali siano le loro tecniche di produzione? Se poneste questa domanda ad un Conservation Scientist vi risponderebbe “certamente!”
Come vi abbiamo raccontato più volte, grazie all’approccio multianalitico è possibile rispondere ai molti interrogativi degli studiosi che, trovandosi davanti ai più svariati tipi di reperti rinvenuti durante le campagne di scavo, cercano di ricostruire la storia di un sito archeologico. Nel caso di oggetti in ceramica che, interi o frammentari, rappresentano il prodotto più frequentemente portato alla luce durante le ricerche archeologiche, ci si interroga spesso sulla qualità della materia prima sfruttata e sui metodi con cui questa era lavorata, modellata e cotta. Una volta ottenute tali informazioni, il passo successivo è solitamente quello di individuare il luogo di provenienza delle ceramiche stesse: ci si troverà davanti ad oggetti prodotti localmente oppure di importazione, arrivati quindi attraverso le frequentatissime rotte commerciali terrestri e marine?
La ricerca dal titolo “How Microanalysis Can Be Discriminant on Black Pompeian Wares” ha fornito dei risultati interessanti utili alla discriminazione delle tecniche di produzione e alla provenienza di una serie di ceramiche nere lucide rinvenute nel Tempio di Venere di Pompei. I campioni sono stati suddivisi a seconda del grado di purificazione dell’argilla di partenza e, attraverso la caratterizzazione del corpo ceramico, ne è stata definita la temperatura di cottura. Lo studio dello spessore delle pareti dei campioni e della porosità dell’impasto hanno permesso di individuare il metodo di lavorazione dell’argilla, ovvero la ruota da vasaio. Inoltre, i ricercatori hanno focalizzato la loro attenzione sulle decorazioni che caratterizzano i campioni di ceramica nera. Infatti, sono state individuate due diverse tipologie di ceramiche: i buccheri, ovvero le ceramiche nere tipiche della produzione etrusca, e le ceramiche a vernice nera, composte da un sottile strato di materiale argilloso applicato sulla superficie del vaso asciutto; questo rivestimento ha presentato gradi di vetrificazione più o meno elevati, a seconda del campione in esame.
Infine, la caratterizzazione non solo della composizione dell’argilla e dei suoi inclusi, ma anche di alcuni minerali presenti in piccolissime quantità nel corpo ceramico di ogni campione ha permesso di ipotizzare le aree geografiche di provenienza dei singoli vasi. I risultati, ottenuti mediante un approccio multianalitico, hanno dimostrato che all’interno del Tempio pompeiano erano presenti, assieme a ceramiche di produzione locale, anche vasi di produzione pugliese, salernitana e laziale. In particolare, per quest’ultima area si distinguono produzioni della città etrusca di Pyrgi e del basso Lazio. Dunque, non solo vasi locali, ma anche di importazione!
Per approfondire l’argomento e saperne di più sulle differenze tra le diverse ceramiche, vi consigliamo la lettura integrale dell’articolo, disponibile in open access sul sito della rivista Crystals del gruppo MDPI.
Riferimenti:
Medeghini, L.; Mignardi, S.; Di Fusco, G.; Botticelli, M.; Coletti, F.; De Vito, C. How Microanalysis Can Be Discriminant on Black Pompeian Wares. Crystals 2020, 10, 879.
https://doi.org/10.3390/cryst10100879 https://www.mdpi.com/2073-4352/10/10/879
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