Infinitamente piccolo: il microscopio elettronico nella diagnostica
La microscopia nasce come necessità operativa per superare le limitazioni naturali imposte dal nostro occhio, come ci spiegava Alessandra nell’articolo relativo al potere risolutivo in microscopia.
Oggi approfondiremo le tematiche legate alla microscopia parlando nel dettaglio del microscopio elettronico a scansione (SEM), uno degli strumenti più utilizzati nell’ambito della diagnostica dei Beni Culturali.
Nel 1937, Manfred von Ardenne riuscì a realizzare un microscopio ad elevata risoluzione scansionando un piccolo raster con un fascio di elettroni finemente focalizzato: inventò, così, il SEM.
Potere penetrativo delle interazioni tra fascio elettronico e materiale (da https://www.nanoscience.com/techniques /scanning-electron-microscopy/components/) |
Questo microscopio, infatti, utilizza i segnali prodotti dall’interazione tra materia e fascio di elettroni, focalizzato mediante un sistema di lenti, per ottenere un’immagine con risoluzioni tali da raggiungere il livello nanometrico. I segnali prodotti da questa interazione sono vari: elettroni Auger, secondari e retrodiffusi, raggi X caratteristici, catodoluminescenza, corrente assorbita ed elettroni trasmessi. Ognuno di questi segnali è funzionale all’indagine che lo scienziato sta portando avanti.
Nel campo della diagnostica, gli elettroni secondari, i retrodiffusi ed i raggi X caratteristici sono i segnali più interessanti:
• Gli elettroni secondari hanno energie molto basse (circa 50 eV) e ciò limita la loro penetrazione nei primi nanometri della superficie del campione. Con questo segnale si possono ottenere immagini della morfologia del campione e della sua struttura superficiale, con una risoluzione fino a circa 1 nm.
• Gli elettroni retrodiffusi sono, invece, riflessi dal campione con uno scattering elastico e hanno una energia maggiore dei secondari. L’interazione tra il fascio elettronico e gli atomi del campione proviene da una maggiore profondità (alcuni micron): ciò consente di ottenere informazioni sugli elementi che costituiscono il campione. Infatti, maggiore sarà il numero atomico dell’elemento che collide con il fascio elettronico, più forte sarà l’energia del segnale. Allo stesso tempo, queste caratteristiche fanno sì che l’immagine ottenuta abbia una risoluzione leggermente inferiore. Le immagini SEM ad elettroni retrodiffusi, quindi, forniscono una indicazione della distribuzione – non della identità – degli elementi nel campione.
• I raggi X caratteristici sono emessi quando il fascio focalizzato rimuove un elettrone dagli orbitali interni dell’atomo del campione che sarà colpito, facendo sì che un altro elettrone a maggiore energia vada a riempiere quell’orbitale, emettendo energia e restituendo il raggio X caratteristico di quell’atomo. Il sistema EDS (Energy Dispersive X-Ray analysis) è necessario per raccogliere l’informazione sulla composizione chimica del campione e restituirla all’operatore non sotto forma di immagini, ma di spettri.
Il risultato dell’indagine diagnostica mediante SEM-EDS corrisponde ad una caratterizzazione superficiale a livello micro-nanometrico, con immagini ad alta profondità di campo. Si ottiene, inoltre, la composizione elementare semi-quantitativa (data in peso atomico o in frazione di massa, ad esempio) del campione analizzato.
Grazie a queste caratteristiche analitiche, il SEM è particolarmente utile nello studio dei metalli : si possono osservare i difetti superficiali, le fratture e pitting dovuti alla corrosione, il procedere stesso del fenomeno corrosivo, nonché la caratterizzazione degli elementi superficiali e di eventuali contaminanti.
I metalli possono essere facilmente analizzati al SEM perché non è necessaria alcuna preparazione del campione, che altrimenti deve essere metallizzato. Allo stesso modo, l’alto vuoto presente all’interno del microscopio elettronico non danneggia in nessun modo il manufatto metallico; l’unica limitazione presente in questo caso è dovuta alla grandezza della camera porta campioni che, naturalmente, non potrà ospitare manufatti di grandi dimensioni.
Per campioni che devono essere metallizzati – ovvero materiali non conduttivi – bisogna accertarsi della possibilità di effettuare questa operazione, mentre nel caso di campioni biologici è necessaria una preparazione particolare del campione per l’alto vuoto, il quale prevede che il campione sia completamente asciutto.
La microscopia elettronica è una tecnica non distruttiva per il campione: questo punto di forza lo rende uno degli strumenti indispensabili nell’ambito della diagnostica. Anche le tecnologie di realizzazione dei microscopi elettronici stanno avanzando e i microscopi sono sempre più performanti. Ad esempio, un parente stretto del SEM è il FIB-FESEM (Focused Ion Beam – Field-Emission Scanning Eletron Microscope), con il quale il diagnosta può divertirsi nell’ottenere dei risultati ancora più sorprendenti, ma ne parleremo la prossima volta! ;)
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