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Diagnostica senza bisturi: la Tomografia Computerizzata per Beni Culturali

 

Abbiamo già affrontato specifici casi studio in cui la Tomografia Computerizzata (CT) è stata applicata allo studio dei Beni Culturali, ma forse non conosciamo ancora bene la sua origine, il principio di funzionamento e le sue evoluzioni. Questa tecnica rappresenta un enorme passo in avanti nell’archeometria perché consente di esplorare l’interno dei manufatti in una modalità completamente non invasiva e tridimensionale
 Il termine Tomografia viene dal greco tomos e significa letteralmente “taglio/sezione” proprio perché permette, mediante algoritmi matematici, di ricostruire sezioni virtuali dell’oggetto investigato, comunemente dette slice, senza tagliare il campione. 
Il primo modello di tomografo fu costruito dall’ingegnere Premio Nobel inglese G. Hounsfield tra il 1967 e il 1971, presso i Laboratori di ricerca della Thorn EMI. Nei primi anni '80, invece, venne messo a punto il primo sistema microtomografico a raggi X da Jim Elliott. 
La Tomografia Computerizzata, così come la radiografia, sfrutta l’interazione dei raggi X con la materia al fine di ottenere informazioni riguardanti la composizione interna del campione. Tuttavia, la principale differenza tra la CT e la radiografia è che quest’ultima fornisce un’immagine bidimensionale dell’oggetto e non permette di dare interpretazioni di profondità sulla sua struttura, mentre invece la Tomografia Computerizzata consente la ricostruzione 3D del manufatto, tramite l’acquisizione di un certo numero di proiezioni radiografiche provenienti da diversi angoli di rotazione. 
 I principali componenti di un sistema tomografico sono essenzialmente due: la sorgente di raggi X (generalmente un tubo radiogeno) e un rivelatore digitale, capace di registrare la radiazione che non è stata assorbita dall’oggetto. La sorgente di raggi X può anche essere la radiazione di sincrotrone prodotta quando elettroni relativistici vengono accelerati da un campo magnetico. Utilizzando monocromatori, è possibile produrre bande energetiche molto strette, ottenendo un fascio a raggi X quasi monocromatico. 
 Tuttavia, quello che caratterizza i tomografi utilizzati per le applicazioni nei beni culturali rispetto alla TAC clinica, è il sistema di movimentazione per l’oggetto, rappresentato da un portacampione che ruota: ciò permette l'acquisizione delle immagini su diversi angoli del campione, mentre sistema sorgente-rivelatore resta fisso. 
 In base al sistema sorgente-rivelatore e alla distanza tra di essi si possono ottenere diverse geometrie:
  • Tomografia con fascio parallelo (Parallel Beam), dove la sorgente ed il rivelatore sono lineari; 
  • Tomografia con fascio a ventaglio (Fan Beam), dove la sorgente ha un fascio collimato ed il rivelatore è composto da una serie di rivelatori in linea;
  • Tomografia con fascio conico (Cone Beam), dove la sorgente, non collimata, ha fascio conico per irradiare un rivelatore bidimensionale. 
 Una volta terminata la scansione a diversi angoli, si può procedere con la ricostruzione del modello 3D attraverso l’elaborazione delle immagini con specifici software. In questa fase, si possono creare video oppure andare ad analizzare le immagini tomografiche di qualsiasi piano spaziale (frontale, sagittale e trasversale), in modo da evidenziare tutte le caratteristiche del campione che ci interessano sulle condizioni di manifattura, conservazione e di restauro. 
Uno dei modi per visualizzare le immagini consiste nella cosiddetta segmentazione, che permette di associare un colore a ogni fase riconosciuta oppure di renderla trasparente, in modo tale da evidenziare o separare i diversi contributi. 
Un’ultima precisazione riguarda il contrasto delle immagini, che dipende dall’interazione tra il materiale e i raggi X. Questi, infatti, cambiano sia l’intensità che la fase in accordo con l’indice di rifrazione, costituito da una parte immaginaria e una parte reale. Il contrasto di fase deriva dalla variazione della reale parte dell'indice di rifrazione che genera uno sfasamento nel fronte d'onda dei raggi X in propagazione, mentre la parte immaginaria descrive il contrasto di attenuazione. Il contrasto di fase è più adatto per i campioni che contengono materiali che si attenuano in modo simile (ad esempio, i tessuti molli), a differenza del contrasto di attenuazione, particolarmente adatto a materiali che hanno un numero atomico molto diverso. 
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 Martina 
Bibliografia: 
Withers, Philip J., et al. "X-ray computed tomography." Nature Reviews Methods Primers 1.1 (2021): 1-21. https://agenda.infn.it/event/1962/contributions/38263/attachments/26547/30408/08_Morigi.pdf

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