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Il mondo delle malte: classificazione e metodologie per i Beni Culturali

Dopo aver parlato dell’affresco ed esaminato le differenze tra cemento Portland e cemento romano, facciamo un passo indietro e addentriamoci nel mondo delle malte, il punto di partenza per molti materiali da costruzione. 
Le formulazioni e le indicazioni tecniche più antiche riferite alla produzione e all’uso delle malte le troviamo nel De architectura di Vitruvio. È proprio con la civiltà classica, infatti, che lo sviluppo tecnologico di questi materiali raggiunse il suo culmine. 

 Ma che cos’è una malta? 

La Normativa europea UNI EN 998-1:2016 la definisce come “Una miscela di uno o più leganti inorganici, aggregati, acqua ed eventuali additivi e/o aggiunte [...]”. 
 Esistono, dunque, tanti tipi di malte, classificate in base alla loro funzione (malte per muratura, malte per intonaco, malte per rivestimenti, malte per decorazioni ecc.) e alla proporzione dei costituenti.
Per esempio, prendendo in considerazione i leganti, questi possono essere principalmente aerei (calce aerea e gesso) o idraulici (calci idrauliche e calci aeree con materiale pozzolanico). 

Le malte aeree hanno la caratteristica di indurire solo a contatto con l’aria. Sono utili, quindi, per intonaci e murature elevate, poco sollecitate ed esposte all’aria. In particolare, le malte di gesso, più solubili, sono adatte per gli ambienti interni, riparate dagli agenti atmosferici. Il legante è ottenuto dalla calcinazione delle rocce carbonatiche, formando calce spenta che poi si reidrata per aggiunta di acqua, dando origine ad un impasto plastico che indurisce in presenza di anidride carbonica. L’aggregato, o inerte, invece, occupa una frazione importante del volume della malta (tra il 65% e il 70%) e rappresenta lo scheletro dell’impasto ottenuto miscelando legante e acqua. Il principale costituente è la sabbia con diametro massimo di 4 mm, proveniente da fiumi, laghi, mari e cave oppure artificiali. Tuttavia, è necessario che la sabbia all’interno di una malta sia a tutti gli effetti inerte, quindi priva di sali come solfati e solfuri, che possono dare luogo a fenomeni espansivi, e di argille, che impediscono una buona adesione con il legante. Per tale ragione, lo stesso Vitruvio sconsigliava fortemente la sabbia marina, a causa della presenza di cloruri al suo interno e alla presa più lenta. La sabbia deve essere, poi, di natura silicea, senza calcari teneri e instabili. La funzione principale dell’inerte è quella di contrastare il ritiro del legante durante le fasi di presa ed indurimento. 

Le malte idrauliche, invece, sono quelle in grado di indurire anche a contatto con l’acqua, adattandosi, quindi, a condizioni di freddo e umidità. Sono composte da acqua, sabbia e calce idraulica naturale (anche nota con la sigla NHL – Natural Hydraulic Lime) oppure da calce idrata in polvere (aerea) con aggiunta di pozzolana naturale o cocciopesto; in questo ultimo caso si parla di calci idrauliche artificiali.
La straordinaria invenzione di utilizzare la pozzolana, già nota ai tempi dei Fenici e Greci, come aggregato nelle malte, fu degli antichi Romani, grazie ai quali oggi ammiriamo, tra le opere più importanti, il Pantheon e il Pont du Gar
Estratta principalmente nei Campi Flegrei a Pozzuoli, la pozzolana è un materiale piroclastico incoerente di varia granulometria, emesso dal vulcano nella fase esplosiva e, quindi, con struttura amorfa costituita principalmente da silice reattiva, ossido di alluminio e da altri ossidi che, in presenza del legante, sono in grado di conferire all’impasto proprietà idrauliche. 
Esistono, poi, per completezza, le malte cementizie o cementi, le malte composte o bastarde (costituite da una miscela di due o più differenti leganti) e le malte additivate con aggregati particolari, ad esempio termoisolanti. 

Ma perché serve sapere tutto ciò a un diagnosta dei Beni Culturali? 

Perché, come sempre quando si parla di materiali antichi, la scelta del tipo di malta da usare nel restauro è subordinata alla compatibilità dal punto di vista estetico/storico e alla compatibilità chimico-fisica con il materiale con cui viene a contatto. Per questo utilizzo delle malte, devono essere presi in considerazione il modulo elastico, la resistenza a compressione e a flessione, il coefficiente di dilatazione termica, la porosità e la permeabilità

Fino agli inizi degli anni ’80, infatti, le analisi sulle malte erano prevalentemente di tipo chimico per via umida, con la difficoltà di separare l’aggregato dal legante. Oggi esistono tantissimi tipi di indagini, a partire dall’approccio mineralogico-petrografico con il microscopio ottico (OM, Optical Microscope) in luce trasmessa per caratterizzare le stesse malte e lo stato di conservazione dell’impasto mediante il riconoscimento di eventuali fasi secondarie. In particolare, questo metodo permette di ottenere informazioni sulla provenienza dei materiali utilizzati, sulla granulometria dell’aggregato e sulla sua distribuzione all’interno del legante, dando informazioni sulla tecnologia di produzione del manufatto e, infine, sulla quantità e la tipologia della porosità. 
Altre tipologie di indagini prevedono l’analisi compositiva delle malte con la diffrattometria dei raggi X, per ottenere dati sulle abbondanze relative delle diverse fasi mineralogiche; la spettrofotometria ad infrarossi per individuare sostanze organiche (olii, resine, colle, coloranti ecc.) e inorganiche (carbonati, solfati, silicati, ossalati, ecc.) presenti nel campione; l’analisi calcimetrica per calcolare il contenuto di carbonati in base al volume di anidride carbonica (CO2) prodotta dalla reazione del campione con l’acido cloridrico (HCl); l’analisi d’immagine (DIA, digital image analysis), per elaborare con specifici software le immagini relative ai campioni in esame, al fine di ottenere una quantificazione delle diverse componenti e la microtomografia a raggi X per l’analisi della struttura dei pori, l’analisi morfometrica di oggetti 3D e la frequenza della classe dimensionale, tutti parametri fondamentali per comprendere la tecnologia di produzione. 
Martina

 E. Cantisani, E. Pecchioni, F. Fratini, Atlante delle malte antiche in sezione sottile al microscopio elettronico. Atlas of the Ancient Mortars in thin section under optical microscope, 2014: https://www.amazon.it/Atlante-antiche-sezione-sottile-microscopio/dp/8840443789 

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