Il Cristo Velato: alchimia o chimica?
Tra le opere più affascinanti e suggestive nel nostro Patrimonio Culturale, vi è senz'altro il Cristo Velato (1753), la scultura che oggi è conservata presso la Cappella Sansevero di Napoli.
Il Cristo Velato di Giuseppe Sammartino, Cappella Sansevero di Napoli. Copyright https://www.museosansevero.it. All rights reserved. |
La Cappella divenne uno scrigno in cui erano conservate delle sculture di marmo così pregiate che già da metà del 1600 era considerata un luogo di interesse. La fama del luogo, però, arrivò proprio grazie al capolavoro scolpito da Giuseppe Sammartino: il Cristo Velato. Questa opera fu commissionata dal Principe di Sansevero, Raimondo di Sangro (1710 – 1771).
I due stipularono un accordo ben preciso, confermato da alcune lettere autografe ritrovate dalla studiosa Claudia Miccinelli: Sammartino avrebbe scolpito il corpo del Cristo, mentre il Principe si sarebbe occupato del velo. Prima di addentrarci nelle questioni che riguardano strettamente il Cristo Velato, facciamo una veloce fotografia a Raimondo di Sangro, per comprendere perché lui – e non l’artista- si sarebbe occupato della realizzazione del velo.
Il Principe di Sansevero fu un esponente dell’Illuminismo Europeo, mecenate e appassionato di letteratura e di scienza. Gli scritti dell’Epoca lo descrivono come un alchimista, ma in realtà fu ben più vicino alla figura di un chimico o ingegnere moderno: progettò una macchina idraulica, realizzò vetri e gemme artificiali, realizzò le macchine anatomiche tutt'ora conservate nella Cappella.
In una nota del 1776 si legge che Raimondo avesse trovato il modo di sintetizzare il Blu Oltremare, il Lapislazzuli, sintesi che fu resa pubblica quasi un secolo dopo (nel 1828) dal chimico tedesco Gmelin. Raimondo di Sagro fu un attivo esponente dell’Illuminismo Europeo, e forse uno dei personaggi che meglio si possono identificare con la corrente di pensiero liberale, scientifica e di ampio respiro che caratterizzò quell’epoca. Grazie ai suoi esperimenti di laboratorio, dunque, non è quindi improbabile che il Principe si sia davvero occupato della realizzazione del velo del Cristo: secondo la lettera riportante gli accordi, infatti, il Raimondo afferma di volerlo realizzare secondo la ricetta del “marmo a velo”, il quale sarebbe stato poi rifinito dal Sammartino con le adeguate tecniche artistiche. La ricetta del marmo a velo prevedeva la precipitazione del carbonato di calcio (CaCO3) su della seta vegetale (ottenuta lavorando l’apocino, Apocynum cannabinum).
Il procedimento seguito per realizzare il velo marmorizzato è simile a quello del ciclo della calce, ovvero una serie di reazioni chimiche conosciute empiricamente dagli artisti per affrescare le pareti. Raimondo di Sangro, probabilmente conosceva questa serie di reazioni molto bene, a livello chimico, poiché aveva individuato il ruolo dell’anidride carbonica nel processo, raccomandando quindi di soffiare sul tessuto intriso di calce spenta “i vapori esalati dalla brace”.
In questo modo, nell’ultimo stadio del ciclo, il carbonato di calcio sarebbe precipitato sulla seta vegetale, formando il velo marmorizzato. A riprova della conoscenza chimica del processo, il Principe raccomanda di calcolare bene quanta acqua e quanta calce utilizzare e di collocare l’opera in una vasca, coprendola, in modo che l’anidride carbonica (più pesante dell’aria) potesse accumularsi, a suggerire lo spostamento dell’equilibrio di carbonatazione della calce verso la formazione del carbonato.
Precisiamo che gli studi e le scoperte sugli equilibri chimici risalgono all’inizio dell’800, fino ad arrivare al principio e enunciato da Le Chatelier nel 1884. Tuttavia bisogna precisare che non vi sono analisi scientifiche che possano validare quanto scritto nelle lettere autografe. La preziosità dell’opera ne limita ovviamente il campionamento, indispensabile per uno studio approfondito del velo.
Ciò che è sembra certo è che il Principe parli sempre di composti ben precisi, chimicamente conosciuti e che ne conosca le quantità esatte da impiegare per ottenere ciò che desidera: un approccio decisamente scientifico, lontano dall’alchimia. Il Cristo Velato è un’opera di arte e di scienza, per la quale persino Canova ne rimase così affascinato che, si dice, avrebbe barattato dieci anni di vita per esserne l’artista.
Francesca
- Informazioni: https://www.museosansevero.it/cappella-sansevero/
- Francesca Di Turo e Gabriele Favero, La Chimica sotto il Velo, Molecole in Primo Piano, Aracne Editore (pp. 85-96).
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