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Pietre preziose e beni culturali: l'ambra

L’ambra: un oggetto, tanto affascinante quanto misterioso, che porta subito la mente all’Era dei dinosauri. Chi di noi, guardando un ciottolo d’ambra lucida, non ha pensato alla possibilità di riportare in vita un dinosauro (complici anche le fantasie di Steven Spielberg)?

 Un blog scientifico ha, però, l’arduo compito di portare subito i lettori con i piedi per terra: purtroppo, le teorie proposte negli anni ’90 dai film della serie di Jurassic Park e presentate nuovamente nei due sequel di Jurassic World sono solo fantascienza: benché siano effettivamente state ritrovate zecche e zanzare intrappolate nell’ambra con la pancia ancora piena di sangue, tutte le ipotesi di riproduzione dei dinosauri tramite innesti genetici sono state confutate negli anni da importanti voci del mondo della scienza.

Il miliardario John Hammond (Richard Attenborough) ammira la testa in ambra del suo bastone, contentente un preziosissimo fossile di zanzara. Da Jurassic Park, 1993

Molti sono stati i ritrovamenti d’ambra contenenti resti e animali completi intatti, i quali hanno restituito agli scienziati informazioni fondamentali riguardo l’anatomia, l’evoluzione e il comportamento di alcuni esseri viventi preistorici. La scoperta del 2018 di piume fossili in ambra ha permesso, per esempio, di studiare e ipotizzare nuovi metodi di attacco e difesa di animali di piccole dimensioni contro i predatori. I ritrovamenti di piume, in generale, hanno portato a rivalutare molte delle teorie precedenti sull’aspetto dei dinosauri, da sempre immaginati come grossi lucertoloni squamosi. Infatti, è probabile che un alto numero di specie, compresi i grandi predatori, avesse gran parte della superficie del corpo ricoperta da piume: non faceva eccezione il temibile Tyrannosaurus Rex, che doveva apparire con un meraviglioso manto piumato dai colori sgargianti.

Cos’è realmente questo oggetto simile ad un minerale, in grado di diventare una capsula del tempo così preziosa per la comunità scientifica?
Per ambra si intende genericamente una qualsiasi resina vegetale fossile, indipendentemente dalla pianta di provenienza. I campioni di ambra commercializzati oggigiorno provengono principalmente da alberi di conifere estinte, sebbene non sia raro trovare esemplari originatisi da resine di diverse tipologie di alberi. In base all’area geografica del ritrovamento e al grado di fossilizzazione, l’ambra assume nomi differenti come succinite (l’ambra proveniente dal Baltico, quella più comune), copale o copalite (l’ambra non completamente fossilizzata). Da un punto di vista commerciale e gemmologico, l’ambra rientra nel gruppo delle gemme organiche, assieme alle perle,alle conchiglie, al corallo e al giaietto.

L’ambra è conosciuta e commercializzata da tempi antichissimi, attraverso la famosa strada commerciale denominata “via dell’ambra”: già Talete di Mileto nel VI secolo a.C. descriveva nei suoi trattati le proprietà elettriche di questo materiale, il cui nome in greco antico è, appunto, ἤλεκτρον (elektron). Il suo utilizzo nel campo della gioielleria è attestato da ritrovamenti archeologici risalenti all’età del bronzo in Grecia, Egitto, Inghilterra e, ovviamente, nella patria della resina fossile: l’Europa Nord-orientale.

 

Camera d'Ambra, dettaglio
Uno degli esempi più maestosi dell’uso dell’ambra come prezioso ornamento è, senza dubbio, la “Camera d’Ambra”: una stanza rivestita da pannelli di ambra e foglie d’oro appartenuta al Palazzo di Caterina di Tsarskoe Selo fino al 1941, anno della sua espoliazione da parte dell’esercito tedesco. Originariamente, la sontuosa camera costruita nel 1711 per il re Frederick I di Prussia era destinata a decorare una delle sale del palazzo reale di Charlottenburg, ma fu installata in una piccola sala del Castello di Berlino, dove negli anni prese da denominazione di “ottava meraviglia del mondo”. Nel 1716 gli incantevoli pannelli decorativi furono donati dal re di Prussia Federico Guglielmo I allo zar Pietro I il Grande, come segno di alleanza. Così, impacchettata in un numero spropositato di casse, la stanza fu spedita al Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo, dove rimase fino al 1755, anno in cui la zarina Elisabetta I la fece trasportare verso la sua sede definitiva. C’era una notevole differenza di dimensioni tra la camera per cui i pannelli erano stati originariamente pensati e quella del palazzo di Tsarskoe Selo, perciò furono commissionati 10 nuovi pannelli in ambra e oro, nello stesso stile dell’opera artigianale originale, in modo da poter completare tutto lo spazio a disposizione nella nuova sede. Una volta ultimata, la stanza fu completata con specchi veneziani su finte colonne, stucchi dorati e quattro mosaici fiorentini raffiguranti l’allegoria dei cinque sensi, mentre i pavimenti furono realizzati intarsiando legno e madreperla.

La stanza sopravvisse alla Rivoluzione Russa del 1917, ma non alla Seconda Guerra Mondiale. Infatti, nel 1941 l’esercito nazista confiscò pannelli e mobilio della stanza, per inviarli al Palazzo Reale di Königsber. Nel 1945, però, un incendio divampò nel castello, distruggendo gran parte degli arredi e delle opere; i combattimenti della guerra trasformarono il complesso in un rudere. Qualcuno sostiene che le truppe naziste spostarono la Camera d’Ambra in un luogo segreto, che ad oggi non è stato ancora ritrovato. Tuttavia, non è impossibile provare la stessa sensazione di meraviglia provata dai reali di Russia nel XVIII secolo: dal 2003 nel Palazzo di Caterina è presente una copia fedele della meravigliosa opera in ambra, commissionata dal governo russo nel 1979. Ci sono voluti “solo” 24 anni per riprodurre in maniera fedele un’opera così fastosa e preziosa!!

 

Melania 

 

Per approfondire:
R. Bonewitz, M.W. Carruthers, R. Efthim, Rock and gem, DK Pub., 2008.

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