News from Diagnostic World: relazione tra microstruttura e corrosione della ghisa nei cannoni della Mary Rose
Oggi vi presenteremo uno studio pubblicato su Corrosion Science sui processi di corrosione di una delle palle di cannone in ghisa che equipaggiava la “Rosa dei Tudor”, la Mary Rose, celebre caracca da battaglia inglese affondata durante l’invasione francese del 1545. Per comprendere a fondo la relazione tra corrosione, microstruttura metallica e ambiente, è stata eseguita un'analisi spaziale utilizzando un approccio tridimensionale con analisi tomografiche, in grado di creare una rappresentazione 3D di un campione mediante la costruzione di una serie di sezioni trasversali 2D.
Nel presente lavoro viene indagata la relazione tra crepe, corrosione e microstruttura metallica in una ghisa archeologica, sottoposta a trattamenti di conservazione nell'arco di 3 decenni, mediante tomografia computerizzata a raggi X con sorgente in luce di sincrotrone (μ-CT) in combinazione con microscopia e caratterizzazione chimica dei prodotti di corrosione mediante diffrazione di raggi X in polveri (SXPD) e spettroscopia di assorbimento dei raggi X (XANES).
Chi studia i metalli sa quanto sia complessa la conservazione del ferro archeologico, soprattutto in ambienti marini ricchi di ioni cloruro. I risultati delle tecniche analitiche indicano che il processo di corrosione della ghisa dipende dalla microstruttura e dalla composizione delle fasi, che sono controllate dalle condizioni di fusione e dalla composizione elementare della lega.
Il ferro archeologico può avere origine da due processi di fusione: un processo diretto, mediante battitura del ferro, che porta alla formazione di una struttura α-ferrite (α-Fe) o un processo indiretto, che parte dalla realizzazione di una lega ferro-carbonio fusa e successivamente colata in uno stampo Quest’ultima operazione dà origine principalmente ad una ghisa, ma se decarburata, tale lega è utile per formare ferro battuto.
La ghisa, utilizzata insieme alla pietra e al piombo per realizzare colpi di cannone per le navi da guerra, può essere classificata come bianca o grigia a seconda della forma di carbonio presente nel metallo, la quale a sua volta è funzione della velocità di raffreddamento e della composizione della massa fusa. In una ghisa bianca, il carbonio è presente come carburo di ferro (Fe3C), che dà luogo ad un metallo duro e fragile, mentre in una ghisa grigia il carbonio si trova sottoforma di scaglie di grafite, producendo una lega più morbida e fluida che può essere prontamente colata in forme complesse.
Se durante il raffreddamento si verifica un gradiente di temperatura, il carbonio può presentarsi sia come Fe3C che come grafite, con rapporti differenti nell'oggetto, ed in questo caso la lega viene definita ghisa screziata.
L'esame metallografico della palla di cannone ha mostrato che la microstruttura della superficie esterna è costituita da ledeburite - perlite (α-Fe lamellare e Fe3C) in una matrice di cementite (Fe3C), mentre nel nucleo si osserva una struttura di fiocchi di grafite in una matrice di ledeburite. Questa microstruttura è coerente con una velocità di raffreddamento veloce all'esterno e più lento all'interno.
La ricostruzione 3D dei dati mostra che man mano che il campione avanza dal rivestimento in cera al nucleo rimanente, i prodotti di corrosione iniziano a diventare più grandi e frequenti. Tuttavia, dal confronto tra le crepe e le forme di corrosione si evince che, sebbene entrambe aumentino con la profondità nel frammento, le loro posizioni non sono direttamente correlate l'una all'altra, ma piuttosto l'aumento della corrosione porta a maggiori sollecitazioni meccaniche e fessurazioni, con conseguente aumento delle crepe. Infatti, più che dalle crepe, le aree corrose sembrano dipendere dalla presenza di grafite nella microstruttura metallica.
La corrosione selettiva attorno alla grafite nella ghisa grigia è nota come dealloalizzazione , comunemente indicata come corrosione grafitica. È stato dimostrato che in una soluzione acida, comune all'interno di una fessura metallica, la grafite agisce come catodo di corrosione, favorendo l’ossidazione della fase α-Fe. Tuttavia, la grafite non viene ridotta, ma accelera la cinetica della reazione conducendo elettroni nel processo di corrosione e favorendo la riduzione dell'ossigeno.
Inoltre, si è scoperto che la corrosione preferenziale attorno alla grafite è osservata anche in assenza di una rete continua di grafite, la quale si presenta invece, in questo caso, come fiocchi isolati.
Per comprendere meglio la reazione di corrosione avvenuta all'interno del reperto, è stata eseguita anche una caratterizzazione chimica dei prodotti di corrosione. L'unica fase identificata è l’akaganeite, β-FeO (OH, Cl), che può formarsi solo se nel sistema è presente cloro. Dunque, ne è stato dedotto che le specie corrosive sono state trasportate all'interno del manufatto durante o dopo il trattamento di conservazione, principalmente attraverso la rete di crepe presenti nel campione, causando corrosione sotto la superficie della sfera e portando ad ulteriori fessurazioni. Infatti, anche durante i trattamenti di restauro è necessario stare attenti al contatto con fluidi come l'acqua del rubinetto, la quale contiene una certa concentrazione intrinseca di cloro.
Dunque, una comprensione dettagliata delle proprietà metallografiche che influenzano la corrosione del ferro archeologico è fondamentale per lo sviluppo di strategie di conservazione più efficaci.
Martina
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