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Colla animale

In precedenza nel nostro blog vi abbiamo parlato in generale delle sostanze adesive. Oggi, invece, entreremo nel dettaglio presentandovi il collante per eccellenza, quello maggiormente usato e conosciuto a partire dall’antichità fino ai giorni nostri: si tratta della colla animale.
Questo collante di origine naturale può essere definito come una dispersione acquosa colloidale di collagene, il principale costituente proteico contenuto nel tessuto connettivo degli animali. È dunque un adesivo che si ottiene facendo bollire ad alte temperature e per un lungo periodo di tempo gli scarti della lavorazione della carne, ovvero ossa, pelle, tendini e cartilagini.
La sua origine è antichissima: i primi usi di questo adesivo sono fatti risalire agli antichi egizi, già a partire dalla fine del IV millennio a. C., secondo un procedimento sostanzialmente molto simile a quello impiegato ai giorni nostri.
La colla animale fu adoperata nel campo artistico inizialmente per la preparazione “a gesso e colla” delle opere policrome e successivamente nel restauro per lo “strappo” degli affreschi. Inoltre, per secoli è stata quasi l’unica colla utilizzata dai falegnami e dai liutai.
Forse la più nota e conosciuta nel mondo dell’arte è la colla di coniglio che, rispetto alla colla costituita dalle ossa di bovino (la colla forte, di bue o “garavella”), comporta un posizionamento veloce delle parti da incollare, poiché gelifica rapidamente. Riguardo a quest’ultima, Cennino Cennini, scrittore d'arte e pittore italiano di scuola fiorentina vissuto a cavallo fra il Trecento e il Quattrocento, nel suo trattato in volgare “Il libro dell’arte” ne spiega il processo di produzione:

“Egli è una colla che si chiama colla di spicchi, la quale si fa di musetti di caravella, peducci, nervi, e molte mozzature di pelli. Questa tal colla si fa di marzo o di gennaio, quando sono quelli grandi freddi o venti; e fassi bollire tanto con acqua chiara, che torna men che per mezzo. Poi la metti ben colata in certi vasi piani, come conche da gialatina o bacini. Lasciala stare una notte. Poi la mattina col coltello la taglia a fette come di pane; mettila in su stuore a seccare a venti, sanza sole; e viene perfetta colla.”

Invece, il procedimento utilizzato ai giorni nostri può essere così riassunto: nella fabbrica giungono gli scarti animali provenienti dai diversi luoghi di macellazione, che vengono sottilmente macinati. Successivamente, vengono purificati in un silos di acciaio: il trattamento prevede un lavaggio degli scarti con vapore acqueo a 300 °C, iniettato ad alta pressione. Verso la fine del processo, viene aggiunto un solvente che scioglie e separa i grassi dalle proteine: di solito è utilizzata il tricloroetilene (noto anche come trielina).
I grassi vengono ricuperati e solitamente sono utilizzati nell’industria cosmetica, mentre le proteine, dopo essere state ben risciacquate per eliminare i residui di trielina, vengono estratte dai silos e lavorate.
Il processo prevede un’ulteriore bollitura degli scarti: infine si ottiene ciò che viene chiamato brodo di prima cottura, da cui si ottengono sia i dadi da zuppa che la colla animale. Per ottenerla, il brodo di prima cottura viene fatto passare in un addensatore, al fine di realizzare una gelatina molto densa che successivamente verrà disposta in panetti o confezionata in altre forme, ovvero in perline (Fig. 1) o lastre: la migliore presenta un colore caramellato, che tende a tonalità più scure; difatti, più il colore è chiaro, più diminuisce la qualità della colla.
Figura 1: Colla animale in perle, prima dello scioglimento a bagnomaria.

Il lavaggio delle macchine permette il ricupero dei residui dei brodi di prima cottura, che verranno ri-addensati per produrre altra colla, andando a costituire il brodo di seconda cottura. Il processo viene così reiterato più volte.
Per essere utilizzata, la colla animale viene inizialmente posta in un vaso con un quantitativo d’acqua pari o superiore, fino al doppio, a quella della colla: detto vaso viene lasciato coperto finché l’acqua aggiunta non è stata totalmente assorbita dalle perle; a quel punto, la colla appare ben rigonfiata e dalla consistenza gelatinosa.
Successivamente, la gelatina prodotta viene fatta sciogliere a bagnomaria ad una temperatura non superiore ai 70 – 80 °C, fino alla completa liquefazione: da questo momento può essere utilizzata per l’incollaggio (Fig. 2).
Figura 2: Preparazione della colla animale.

Tale colla è molto utilizzata in liuteria, in particolar modo durante la costruzione degli strumenti, perché risulta reversibile: ciò significa che, con l'ausilio di una fonte di calore e di umidità, ovvero con vapore o un panno intinto in acqua calda, è possibile scollegare le parti precedentemente incollate.
La colla animale è reversibile poiché il collagene mantiene nel tempo la sua caratteristica idrofila, per cui non oppone resistenza alla rimozione se viene impiegata dell’acqua, soprattutto calda; è diverso, ad esempio, il comportamento per le proteine dell’uovo, le quali nel tempo tendono a denaturarsi, diventando idrofobe e formando un gel irreversibile, per cui risultano di difficile rimozione.
L’aspetto della reversibilità della colla impiegata risulta molto utile, soprattutto perché lo strumento va riaperto ogni circa 50 anni, o anche meno se sono necessarie delle riparazioni. Per cui questa caratteristica è molto funzionale, in particolar modo nei punti di giunzione principali della cassa armonica e del manico.

Essendo un materiale costituito da proteine, la colla allo stato fluido è di facile deperimento, per cui non ha un periodo di conservazione molto lungo. Inoltre, se la colla viene più volte riscaldata e/o vi è ripetutamente addizionata dell’acqua, il suo potere adesivo tende a diminuire rapidamente nel tempo. Al contrario, quando si trova nel giunto adesivo, la colla non dimostra problemi di conservazione o di deterioramento, né di perdita delle sue proprietà meccaniche.
La colla animale si conserva meglio in un luogo secco e fresco, soprattutto se si ha l’accortezza di coprirla sempre con un coperchio ermetico. Un accorgimento utile per la sua conservazione consiste nel porre una piccola quantità di allume di rocca nella colla, mentre si sta sciogliendo a bagnomaria, poiché funge da antisettico.



Bibliografia

- B. Botta, G. B. Appendino, S. Banfi, S. Cacchi, U. Chiacchio, L. F. Cipolla, M. V. D’Auria, G. Fabrizi, F. Nicotra, F. Peri, M. Pierini, R. Riccio, M. Taddei, G. Zappia, Chimica organica essenziale, Gessate, Milano, Edi.Ermes, 2012;
- C. Cennini, a cura di F. Frezzato, Il libro dell’arte, Paderno Dugnano, Milano, Neri Pozza ed., 2009;
- L. Campanella, A. Casoli, M. P. Colombini, R. M. Bettolo, M. Matteini, L. M. Migneco, A. Montenero, L. Nodari, C. Piccioli, M. P. Zappalà, G. Portalone, U. Russo, M. P. Sammartino, Chimica per l’arte, Bologna, Zanichelli ed., 2007.

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