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La pergamena

Oggi cercheremo di conoscere meglio uno dei materiali scrittori più celebri ed iconici della storia della scrittura: stiamo parlando della pergamena.
Fig. 1: Antifonario con fogli in pergamena miniati.
La pelle animale è stata adoperata fin dall’antichità con diversi scopi, sia per la realizzazione di strumenti musicali che come supporto scrittorio: ovini, caprini e bovini erano le tipologie più utilizzate, ma non venivano disdegnati oggetti realizzati in pelle di antilope, cane e addirittura serpente. È nel II secolo a. C. che si verifica una vera e propria fioritura della produzione di pergamena, anche se le cause che portarono al florido sviluppo di questa pratica sono dubbie e controverse. Che sia dovuta al blocco dell’esportazione del papiro dall’Egitto voluta dal faraone Tolomeo Epifanio (210-180 a.C.) o alla necessità di ottenere un supporto scrittorio più resistente e duraturo nel tempo, si presuppone che la pergamena venne realizzata in Asia minore, precisamente a Pergamo (città da cui prese non solo il nome ma anche i natali), per volere del re Eumene II, come indicato da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia (liber XIII, 21) . I due supporti scrittori convissero fra le mani degli scribi per diversi secoli fino a quando, nel IV secolo d. C., la pergamena prevalse definitivamente sul papiro e mantenne questo primato sul panorama scrittorio fino al XII secolo d. C., quando a sua volta cominciò ad essere lentamente eclissata dall’avvento della carta e, nel XV secolo, della stampa. Tuttavia, continuò ad essere adoperata nelle cancellerie e negli scriptoria per la redazione di documenti importanti e di volumi di un certo calibro.

La pelle, in senso stretto, è l’organo che riveste e protegge il corpo dall’ambiente esterno, pur rendendolo sensibile agli stimoli. Essa è composta da fibre di collagene, ovvero la principale proteina del tessuto connettivo, molto stabile e resistente.
Guardando la struttura di collagene dal particolare al generale, scopriamo che alla sua base vi sono le sequenze amminoacidiche, composte principalmente da glicina, prolina e idrossipolina. Gli aminoacidi, legati fra loro attraverso legami peptidici (dati dalla condensazione di un gruppo amminico -NH2 e di uno carbossilico -COOH), vanno a realizzare delle lunghissime catene che prendono il nome di polipeptidi, caratterizzati da una conformazione spaziale ad elica. L’aggregazione di 3 catene polipeptidiche dà vita al tropocollagene, a sua volta contraddistinto da una conformazione a tripla elica, stabilizzata grazie alla presenza di legami a idrogeno e covalenti. L’unione di più tropocollageni porta alla formazione di fibrille e la loro aggregazione, infine, alla fibra (Fig. 2).

Fig. 2: Struttura del collagene, dal generale al particolare. Credits: Naturopatia e salute.

La pelle è composta da tre strati principali (Fig. 3):
Fig. 3: Sezione della pelle. Credits: Savoma.
  • Ipoderma, ovvero lo strato più interno, caratterizzato per lo più da adipe, con uno spessore altamente variabile e strettamente legato allo strato superiore.
  • Derma, il livello intermedio, più spesso e resistente, costituito soprattutto da collagene intrecciato e orientato in diverse direzioni. È il vero protagonista di tutto il processo di realizzazione della pergamena.
  • Epidermide, cioè la parte più esterna, strutturata in ulteriori 5 strati. È attraversata dai peli, i quali hanno origine nel derma sottostante.

Dopo questo brevissimo tuffo nell’istologia della pelle, andiamo a scoprire come si ottiene un foglio di pergamena.

Per la scelta del materiale tendenzialmente si prediligono la pelle di pecora, capra, agnelli e vitelli. In antichità, molto preziosa e dalla qualità elevatissima (ma anche molto costosa) era la pergamena ottenuta dalla pelle dei feti di agnelli, meglio nota come charta virginea.
Concettualmente, l’odierna lavorazione della pelle non è molto diversa da quella praticata nel Medioevo: il cambiamento più importante riguarda l’impiego di strumentazioni e di trattamenti chimici moderni.
Le fasi principali del processo di realizzazione di una pergamena sono le seguenti:
  • Scuoiatura: la pelle veniva rimossa dalla carcassa dell’animale, facendo attenzione a non praticare fori e tagli. Difatti, anche difetti apparentemente impercettibili in questa fase rischiavano di creare buchi e fessurazioni di notevoli dimensioni che avrebbero potuto modificare la destinazione d’uso del materiale (ad esempio, da pergamena nata per la realizzazione di una bibbia atlantica a foglio per la redazione di documenti di carattere privato o minute).
  • Essiccamento al sole.
  • Conservazione: per evitare la putrefazione dei materiali, spesso non utilizzati subito dopo la scuoiatura e l’essiccamento, essi venivano sottoposti ad un processo di salatura, a secco o in vasca. In entrambi i casi, le pelli venivano o cosparse di cloruro di sodio (NaCl) o immerse in soluzioni sature dello stesso sale.
  • Rinverdimento: lavaggio delle pelli che permetteva non solo di eliminare il cloruro di sodio e altre sostanze solubili contenute nella pelle, ma anche di re-idratarla e ripulirla dalle impurità.
  • Calcinazione: per un intervallo di tempo che poteva oscillare fra i dieci e i trenta giorni, le pelli venivano immerse in una soluzione satura di calce spenta (Ca(OH)2) al fine di favorire il naturale distacco dei peli, la saponificazione e solubilizzazione dei grassi e il rigonfiamento parziale del collagene. Il tempo di calcinazione variava in base allo spessore delle pelli: quanto più era spesso il materiale, tanto più tempo doveva permanere nel bagno di idrossido di calcio.
  • Depilazione: fase di asportazione dei peli residui e dello strato di epidermide. Si tratta di un’operazione meccanica che prevedeva la raschiatura della pelle da ambo i lati e veniva compiuta con un utensile a forma di mezzaluna dal bordo non affilato, di modo che il materiale non venisse perforato.
  • Primo lavaggio: le pelli venivano lasciate in acqua per alcuni giorni di modo da eliminare l’eccesso di calce spenta e sostanze solubilizzate dallo stesso materiale. Una parte dell’idrossido di calce permaneva nel materiale e, dopo un processo di carbonatazione naturale, diventava carbonato di calcio (CaCO3). Esso serviva a rendere la pergamena ancor più opaca e bianca: inoltre, essendo alcalina, fungeva da soluzione tampone riusciva così a neutralizzare la presenza di eventuali acidi.
  • Montaggio sul telaio: le estremità della pelle venivano o ancorate con chiodi direttamente al telaio oppure, nel caso in cui i materiali fossero più sottili e delicati, venivano imbrecciati. In quest’ultimo caso, le estremità della pelle erano adoperate per ancorare dei sassolini levigati, comunemente noti come brecce (le quali danno il nome al procedimento). Esse venivano poi fissati con delle corde su un telaio che serviva a tenere la pelle tesa.
  • Scarnitura: si tratta di una procedura simile alla depilazione, ma più profonda. Difatti, consisteva nella rimozione dell’ipoderma dal derma adoperando dei coltelli molto affilati.
  • Secondo lavaggio: il quale avveniva direttamente sul telaio mediante abluzioni ripetute più volte con acqua.
  • Essiccamento: la futura pergamena, ancorata sul telaio, veniva lasciata ad asciugare in una zona ben ventilata. Questa fase, che prevedeva una lenta evaporazione dell’acqua e una maggiore trazione del materiale data dal vincolo del telaio, favoriva l’orientamento delle fibre di collagene, rendendo la superficie maggiormente planare.
  • Lisciatura: la lavorazione del materiale terminava con questa fase, che avveniva in contemporanea con l’essiccamento. La superficie, quindi, era levigata con una pietra pomice di modo da renderla maggiormente omogenea e liscia.
  • Fig. 4: Pelle tesa sul telaio.
    Credits: Jo, Malossi, et amicorum.
Dopo questo breve excursus nella produzione della pergamena (che spero vi abbia incuriosito ed appassionato), sono certa che la prossima volta guarderete con occhi diversi i corali, i documenti membranacei e i codex medievali in cui vi imbatterete facendo un giro in museo o in archivio!



Bibliografia
- Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XIII, 21, 77 d. C .;
- R. T. Morrison, R. N. Boyd, Chimica organica, Milano, Ambrosiana, 1976;
- M.T. Tanasi, Storia e manifattura della pergamena, in Chimica e biologia applicate alla conservazione degli archivi, Roma, pp. 57-67, 2002;
- V. Caniglia, La pergamena: oggi come duemila anni fa, Torino, Ananke, 2001;
- A. Petrucci, Breve storia della scrittura latina, Roma, Bagatto Libri, 1992.

Commenti

  1. Mi complimento molto con Tiziana per la chiarissima descrizione delle proprietà e delle caratteristiche di un materiale di estremo interesse per il patrimonio culturale del nostro paese. Mi permetto di segnalare due pubblicazioni del gruppo di Matthew Collins che ben si integrano nella rassegna pubblicata sul blog. Gennaro Marino

    Sarah Fiddyment, Matthew D. Teasdale, Jiří Vnouček, Élodie Lévêque, Annelise Binois and Matthew J. Collins. So you want to do biocodicology? A field guide to the biological analysis ofparchment. Herit Sci (2019) 7:35. https://doi.org/10.1186/s40494-019-0278-6.

    Fiddyment S, Holsinger B, Ruzzier C, Devine A, Binois A, Albarella U, et al. Animal origin of 13th-century uterine vellum revealed using noninvasive peptide fingerprinting. Proc Natl Acad Sci USA. 2015;112:15066–71. https://doi.org/10.1073/pnas.1512264112

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    1. Gentilissimo Professor Marino,
      la ringrazio moltissimo per il complimento, per il commento e soprattutto per l'interessante bibliografia che mi ha allegato!
      Tiziana Pasciuto

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