La falsificazione dei Beni Culturali e i casi di punibilità
Abbiamo già visto come la scienza e la diagnostica siano di grande aiuto per attestare l’autenticità di un reperto archeologico, smascherando anche i migliori falsi presenti sul mercato dell’arte, come per il caso della falsa coppa di Eufronio. Abbiamo anche già esaminato la delicata questione delle copie e delle riproduzioni degli originali come, ad esempio, i calchi in gesso, finalmente ritenuti oggi degni di conservazione e ricerca.
Ma, da un punto di vista legislativo, come viene sanzionata in Italia la falsificazione e la contraffazione dei Beni Culturali e quali sono i casi di punibilità?
Non possiamo iniziare senza ricordare l’eclatante beffa delle false teste di Modigliani, avvenuta nel 1984, quando vennero trovate presso il fondale fangoso di Fosso Reale di Livorno tre sculture in pietra rappresentanti delle teste antropomorfe, attribuite immediatamente ad Amedeo Modigliani. L’artista, infatti, in una lettera a Brancusi aveva confessato di essersi divertito a fare sculture e di averle gettate in mare a seguito di giudizi negativi ricevuti. In realtà, però, le teste erano state realizzate da alcuni ragazzi del posto e dall’artista livornese Angelo Froglia, i primi con il chiaro intento di fare una burla, il secondo di beffare il mondo dell’arte che suppone in automatico che qualsiasi opera sia autentica. Tuttavia, nessuno fu punito, non avendo tratto dal gesto alcun profitto, se non l’inevitabile pubblicità. Mancavano, infatti, i presupposti ex lege che li ritenessero penalmente responsabili.
Basti pensare che fino all’entrata in vigore della legge Pieraccini nel 1971 in Italia non esisteva nemmeno una disciplina che sanzionasse la falsificazione e la contraffazione dei Beni Culturali. Questa legge venne poi integralmente assorbita nel Testo Unico e, successivamente, nell’articolo 178 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42), il quale, nel primo comma, punisce con la reclusione da tre mesi fino a quattro anni e con la multa da euro 103 a euro 3.099:
• chi contraffà, ovvero crea il falso, imitando una cosa e rendendola simile in tutto a un’altra per poi spacciarla come autentica rispetto a quella contraffatta,
• chi altera, ovvero modifica un bene culturale al fine di rendere l’opera più appetibile e commerciabile. L’alterazione svolta nell’ambito del restauro conservativo non è punibile!
• chi riproduce, ovvero chi crea una copia e poi la spaccia come originale. L’imitazione, infatti, per scopi di studio o diletto, non è ovviamente un reato,
• chi favorisce la circolazione di opere frutto della contraffazione-alterazione-riproduzione messa in atto da altri.
In tutti e quattro i suddetti casi, il comun denominatore è il fine di profitto; tuttavia il Codice, nei punti successivi, considera sanzionabili anche due casi in cui non è richiesta la prova del profitto e, dunque, più facilmente condannabili:
• chi autentica, ovvero attesta realizzando un documento che l’opera non è falsa,
• chi accredita, ovvero afferma senza scrivere un documento, ma attraverso altre forme di dichiarazione, che l’opera è autentica.
Se volete essere informati sui fatti che ogni giorno minacciano il nostro patrimonio culturale, vi consiglio di dare un’occhiata al sito Journal of Cultural Heritage Crime e all’articolo di Tiziana sull’Archeologia giudiziaria!
Bibliografia:Tamiozzo, R. (2009). La legislazione dei beni culturali e paesaggistici: guida ragionata. Giuffrè Editore.
Sitografia:
The Journal of Cultural Heritage Crime: https://journalchc.com/
http://www.modigliani1909.com/modigliani1909.html
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