La Reggia di Venaria Reale: un cantiere sperimentale di restauro e diagnostica
Quando si pensa ad una reggia, la prima immagine che torna alla mente è, probabilmente, la Reggia francese di Versailles : lo sfarzo e l’opulenza nella corte di Re Sole, i riccioli barocchi, le cornici e i mobili d’oro e la luminosa “galleria degli specchi” fanno di questa residenza reale uno dei luoghi simbolo della splendida vita vissuta dalle nobili casate europee.
Guardando all’Italia, invece, il pensiero va alla Reggia di Caserta , costruita nel XVIII secolo su progetto dell’architetto Luigi Vanvitelli, e ai suoi splendidi giardini. Tuttavia, esiste un’altra meravigliosa reggia nella nostra penisola, altrettanto elegante e sontuosa: la reggia di Venaria Reale.
A pochi chilometri da Torino, Venaria Reale è una delle residenze sabaude appartenenti alla “Corona di Delizie”, ovvero i palazzi di corte fatti erigere sin dalla seconda metà del Cinquecento attorno al capoluogo piemontese. La particolarità della Venaria, il cui nome rievoca uno dei motivi per cui il duca Carlo Emanuele II ne volle la costruzione, è che nel progetto per la sua realizzazione era previsto lo stravolgimento totale dell’area urbana della vecchia Altessano Superiore per fare spazio ad una nuova cittadina, che erediterà stile e nome dalla nuova imponente reggia. Nel corso dei secoli, i palazzi della Venaria Reale, la chiesa di S. Umberto, le scuderie e persino i giardini hanno subìto molteplici trasformazioni: modifiche e rimaneggiamenti erano, infatti, all’ordine del giorno, dovendo seguire l’evolversi del gusto estetico, come pure l’ampliamento degli spazi (sia interni che esterni), la costruzione delle gallerie di collegamento, e i necessari restauri.
Purtroppo, a causa dei saccheggiamenti ad opera delle truppe francesi, dell’abbandono totale sotto l’impero napoleonico e, infine, della scelta di renderla una caserma militare nel XIX secolo, la reggia conobbe un lento e inesorabile declino. Negli anni ’40 del Novecento, ad esempio, la Galleria Grande del palazzo principale fu adibita a magazzino dall’allora Amministrazione Militare. Fortunatamente, alla fine degli anni ’90, la collaborazione tra diversi enti, tra cui il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Regione Piemonte, permise di dare inizio ai lavori di restauro e recupero di uno dei siti più belli del Piemonte e oggi patrimonio Unesco.
Per permettere un perfetto recupero della Venaria Reale, il contributo dato dalla diagnostica applicata ai beni culturali è stato fondamentale e ha permesso, sin dalle prime fasi di progettazione degli interventi di restauro, di capire come affrontare ogni singolo caso di studio, sia dal punto di vista microclimatico che della caratterizzazione dei materiali originali. Ciò ha permesso non solo di recuperare, tra le tante particolarità, i colori originali utilizzati per decorare le sale del palazzo, ma anche di sviluppare nuovi materiali per il restauro che fossero compatibili con quelli originali e, allo stesso tempo, certificati a livello europeo. Grazie al prelievo di piccoli tasselli di muratura, sono state realizzate diverse sezioni stratigrafiche, che hanno permesso di evidenziare i numerosi strati di colore stesi sulle pareti degli ambienti interni. Lo studio delle sezioni ha permesso di scoprire, in alcuni casi, fino a 9 diversi livelli sovrapposti nei secoli. Così facendo, si è scoperto ad esempio che le rifiniture a calce della Reggia di Diana (l’edificio principale) erano originariamente di color avorio.
Inoltre, grazie ad una stretta collaborazione tra restauratori, storici dell’arte, archivisti e diagnosti è stato possibile recuperare gli stucchi, gli affreschi e le superfici dipinte più antiche, consentendo l’eliminazione di tutto l’apparato decorativo aggiunto nel tempo, secondo i gusti dei vari ospiti della reggia. Allo stesso modo, sono stati rimossi anche alcuni dei restauri precedenti che, probabilmente, non erano in linea con le teorie e gli ideali che guidano le moderne operazioni di restauro.
Una menzione particolare va, poi, al recupero della chiesa di S. Umberto. Precedentemente restaurata negli anni ’50 con scelte più legate al rifacimento delle strutture che al recupero delle stesse, la chiesa versava in condizioni pessime, anche per gli effetti della Seconda Guerra Mondiale. Le operazioni di restauro proposte dalla Soprintendenza dei beni culturali hanno permesso la demolizione delle decorazioni e le strutture sovrapposte alle architetture originali. Inoltre, grazie alle indagini diagnostiche, è stato possibile risalire sia ai colori e alle decorazioni originali, sia alle cave di provenienza dei marmi costituenti statue, mosaici, pavimenti e l’altare centrale. Infine, un attento studio microclimatico ha verificato la presenza di umidità ed evidenziato la sua origine, preventivamente al restauro; un controllo delle condizioni post-intervento ha poi verificato il successo delle operazioni di risanamento.
Ovviamente, l’imponente intervento sulla Venaria Reale ha interessato non solo la chiesa di S. Umberto e la reggia di Diana, ma l’intero complesso, comprese le scuderie e il maneggio (sedi attuale del Centro per la Conservazione e il Restauro dei Beni Culturali “La Venaria Reale ”), la citroneria, l’area de La Mandria e Borgo Castello, i giardini e persino l’assetto urbanistico della cittadina di Venaria Reale. Il risultato è stata la riapertura di una delle più belle regge piemontesi, fruibile al pubblico come museo, come centro di ricerca e come elegante scenografia di eventi e manifestazioni.
Merita davvero una visita.
Guardando all’Italia, invece, il pensiero va alla Reggia di Caserta , costruita nel XVIII secolo su progetto dell’architetto Luigi Vanvitelli, e ai suoi splendidi giardini. Tuttavia, esiste un’altra meravigliosa reggia nella nostra penisola, altrettanto elegante e sontuosa: la reggia di Venaria Reale.
La Galleria Grande, costruita da Filippo Juvarra nel 1700 Foto: Melania Di Fazio |
Purtroppo, a causa dei saccheggiamenti ad opera delle truppe francesi, dell’abbandono totale sotto l’impero napoleonico e, infine, della scelta di renderla una caserma militare nel XIX secolo, la reggia conobbe un lento e inesorabile declino. Negli anni ’40 del Novecento, ad esempio, la Galleria Grande del palazzo principale fu adibita a magazzino dall’allora Amministrazione Militare. Fortunatamente, alla fine degli anni ’90, la collaborazione tra diversi enti, tra cui il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Regione Piemonte, permise di dare inizio ai lavori di restauro e recupero di uno dei siti più belli del Piemonte e oggi patrimonio Unesco.
Per permettere un perfetto recupero della Venaria Reale, il contributo dato dalla diagnostica applicata ai beni culturali è stato fondamentale e ha permesso, sin dalle prime fasi di progettazione degli interventi di restauro, di capire come affrontare ogni singolo caso di studio, sia dal punto di vista microclimatico che della caratterizzazione dei materiali originali. Ciò ha permesso non solo di recuperare, tra le tante particolarità, i colori originali utilizzati per decorare le sale del palazzo, ma anche di sviluppare nuovi materiali per il restauro che fossero compatibili con quelli originali e, allo stesso tempo, certificati a livello europeo. Grazie al prelievo di piccoli tasselli di muratura, sono state realizzate diverse sezioni stratigrafiche, che hanno permesso di evidenziare i numerosi strati di colore stesi sulle pareti degli ambienti interni. Lo studio delle sezioni ha permesso di scoprire, in alcuni casi, fino a 9 diversi livelli sovrapposti nei secoli. Così facendo, si è scoperto ad esempio che le rifiniture a calce della Reggia di Diana (l’edificio principale) erano originariamente di color avorio.
Inoltre, grazie ad una stretta collaborazione tra restauratori, storici dell’arte, archivisti e diagnosti è stato possibile recuperare gli stucchi, gli affreschi e le superfici dipinte più antiche, consentendo l’eliminazione di tutto l’apparato decorativo aggiunto nel tempo, secondo i gusti dei vari ospiti della reggia. Allo stesso modo, sono stati rimossi anche alcuni dei restauri precedenti che, probabilmente, non erano in linea con le teorie e gli ideali che guidano le moderne operazioni di restauro.
Una menzione particolare va, poi, al recupero della chiesa di S. Umberto. Precedentemente restaurata negli anni ’50 con scelte più legate al rifacimento delle strutture che al recupero delle stesse, la chiesa versava in condizioni pessime, anche per gli effetti della Seconda Guerra Mondiale. Le operazioni di restauro proposte dalla Soprintendenza dei beni culturali hanno permesso la demolizione delle decorazioni e le strutture sovrapposte alle architetture originali. Inoltre, grazie alle indagini diagnostiche, è stato possibile risalire sia ai colori e alle decorazioni originali, sia alle cave di provenienza dei marmi costituenti statue, mosaici, pavimenti e l’altare centrale. Infine, un attento studio microclimatico ha verificato la presenza di umidità ed evidenziato la sua origine, preventivamente al restauro; un controllo delle condizioni post-intervento ha poi verificato il successo delle operazioni di risanamento.
Ovviamente, l’imponente intervento sulla Venaria Reale ha interessato non solo la chiesa di S. Umberto e la reggia di Diana, ma l’intero complesso, comprese le scuderie e il maneggio (sedi attuale del Centro per la Conservazione e il Restauro dei Beni Culturali “La Venaria Reale ”), la citroneria, l’area de La Mandria e Borgo Castello, i giardini e persino l’assetto urbanistico della cittadina di Venaria Reale. Il risultato è stata la riapertura di una delle più belle regge piemontesi, fruibile al pubblico come museo, come centro di ricerca e come elegante scenografia di eventi e manifestazioni.
Merita davvero una visita.
Bibliografia:
- “Lavori a corte 2. I progetti, i cantieri, le destinazioni”, a cura di Francesco Pernice e Alberto Vanelli, La Venaria Reale
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