Le previsioni di rischio per i Beni Culturali: come funzionano?
Non è raro che, leggendo le notizie sulle testate di informazione nazionale, ci si possa imbattere in articoli che allertano il pubblico circa la prossima scomparsa di alcune delle più importanti città patrimonio UNESCO o sulle precauzioni adottate per evitare la distruzione di calcari o metalli, dovuta alla loro interazione con gli inquinanti atmosferici.
Come è possibile fare queste previsioni?
Prendiamo un esempio che è rimbalzato sui principali quotidiani, ovvero lo studio condotto da Reinmann et al., pubblicato su Nature Communication ed intitolato “Mediterranean UNESCO World Heritage at risk from coastal flooding and erosion due to sea-level rise” (Open Access qui). In questo studio, gli autori hanno analizzato quattro scenari differenti per valutare l’erosione costiera ed il conseguente innalzamento delle acque fino al 2100; naturalmente, i ricercatori hanno considerato la problematica in relazione alle città tutelate dall’UNESCO e situate nelle zone a rischio.
Le zone UNESCO considerate nello studio di Reimann et al. All rights reserved. |
Lo scenario si costruisce partendo da dati già disponibili, solitamente forniti dalle Istituzioni Europee collegate ad altrettanti progetti ambiziosi, volti al controllo dell’inquinamento e del clima, come l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) oppure l’European Monitoring and Evaluation Programme (EMEP), solo per citarne un paio. Lo scenario è quindi caratterizzato da determinati parametri ambientali (caratteristiche del territorio, temperature, piogge, concentrazioni degli inquinanti) che vengono calibrati sulle previsioni future considerando le attuali politiche ambientali: se, per esempio, si ambisce a ridurre l’impatto dell’anidride carbonica nei prossimi cinque anni, lo scenario considererà che in quei cinque anni le politiche avranno efficacia, riducendo dunque l’impatto della CO2. La cosa più importante, però, è l’inserimento del rischio, il quale restituisce il vero dato interessante.
Per l’erosione costiera dell'articolo di Nature, si è considerato il rischio come l’interazione tra il pericolo (l’intensità e frequenza della tempesta), l’esposizione e la vulnerabilità del sito. Si comprende come la costruzione di questi scenari sia estremamente complessa, in quanto è necessario considerare allo stesso tempo diversi parametri che incidono contemporaneamente ma in modo diverso sullo scenario stesso e, dunque, sul risultato. È ovvio che alla base di tutto vi sia un modello matematico che sarà poi “tradotto” graficamente (con Geographic Information System, GIS, per esempio). Nelle equazioni del modello sono inseriti tutti i dati disponibili, oltre che il rischio, dopodiché si procede alla proiezione futura di tali dati, considerando le eventuali variazioni dovute alle politiche ambientali, come accennato in precedenza. Solitamente sono costruiti sempre più scenari (quattro, nel caso di Reinmann et al.) poiché devono essere valutate le possibili differenze nei parametri inseriti come, ad esempio, l’inefficacia delle politiche ambientali. Scenari diversi, dunque, possono dare risultati diversi, sebbene gli esiti siano sempre gli stessi nelle conclusioni.
In questo modo è possibile valutare quali saranno le città che, nel 2100, non esisteranno più a causa dell’innalzamento del livello del mare. Basandosi sulla stessa filosofia, si è valutata la perdita di materiale dovuto all’impatto dell’inquinamento atmosferico sui Beni Culturali UNESCO in Europa ed in Italia, con scenari fino al 2030. In questi ultimi casi, si sono utilizzate delle funzioni dose-risposta nelle quali è stato considerato il tasso di corrosione, sviluppato sulla base di ricerche sulla corrosione atmosferica. Naturalmente, è possibile costruire gli scenari anche per gli anni passati, in modo da studiare l’evoluzione e l’eventuale miglioramento delle condizioni di conservazione dei Beni; in questo caso si elabora un trend, comprendendo anche quale sia il fattore (inquinanti, temperature, umidità, nel caso delle corrosioni) che ha principalmente inciso sul degrado.
Questi studi sono particolarmente utili per quanto riguarda la conservazione preventiva, poiché dagli scenari ottenuti si possono valutare le adeguate azioni da intraprendere per limitare i danni e far sì che tali previsioni non si avverino. L’International Council of Museum and Commitee for Conservation (ICOM-CC) ritiene che la conservazione preventiva sviluppi “tutte le misure e le azioni volte a minimizzare ed eliminare il future degrado e la perdita dei Beni Culturali”. Le previsioni ottenute, quindi, possono essere davvero un valido aiuto, ma questi studi scientifici devono essere integrati, prima di tutto, anche nelle politiche ambientali.
Francesca
- Lena Reimann, Athanasios T. Vafeidis, Sally Brown, Jochen Hinkel & Richard S.J. Tol. Mediterranean UNESCO World Heritage at riskfrom coastalflooding and erosion due to sea-levelrise, Nature Communication (2018) 9:4161
- Francesca Di Turo, Chiara Proietti, Augusto Screpanti, M.Francesca Fornarier, Irene Cionni, Gabriele Favero, Alessandra De Marco. Impacts of air pollution on cultural heritage corrosion at European level: What has been achieved and what are the future scenarios, Environmental Pollution (2016) 586-594
- Alessandra De Marco, AugustoScrepanti, MihaelaMircea,AntonioPiersanti, Chiara Proietti, M. Francesca Fornasier. High resolution estimates of the corrosion risk for cultural heritage in Italy, Environmental Pollution (2017) 226: 260-267
- Fábio Vidal, Romeu Vicente, J.Mendes Silva. Review of environmental and air pollution impacts on built heritage: 10 questions on corrosion and soiling effects for urban intervention, Journal of Cultural Heritage (In Press)
- Daniel de la Fuente, Jesús Manuel Vega, Fernando Viejo, Iván Díaza, Manuel Morcillo, Mapping air pollution effects on atmospheric degradation of cultural heritage, Journal of Cultural Heritage (2013) 14: 138-145
- Marta Casti, Paola Meloni, Giorgio Pia, Marcella Palomba. Differential damage in the semi-confined Munazio Ireneo cubicle in Cagliari (Sardinia): a correlation between damage and microclimate, Environmental Earth Sciences (2017) 76:529
Grazie, bella sintesi!
RispondiEliminaGrazie a te per la lettura e il commento :)
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