La fisica in soccorso dell’archeologia: il caso della falsa coppa di Eufronio
Uno dei problemi che più di tutti affligge curatori museali, mercanti d’arte, collezionisti privati, archeologi e storici dell’arte è l’attribuzione dell’autenticità ad un bene culturale, soprattutto per oggetti antichi come i beni archeologici. Infatti, quando un reperto archeologico non arriva da un’area di scavo, ma da scambi e compravendite nazionali o internazionali, non è sempre accompagnato da informazioni riguardanti la sua storia e la sua provenienza. La presenza di falsi sul mercato è una vera e propria piaga per il patrimonio culturale mondiale, la quale provoca un danno sia economico che culturale.
Solitamente, gli esperti e gli studiosi del settore sono in grado di valutare se un oggetto è o meno un falso, attraverso un’attenta analisi delle caratteristiche e dei dettagli che lo compongono. Tuttavia, esistono falsari talmente bravi da mettere in dubbio le certezze anche dell’occhio più esperto. Quello della Coppa di Eufronio è uno di questi casi.
Nucleo per la Tutela del Patrimonio Archeologico della Guardia di Finanza sequestrò una grande kylix attica a figure rosse, di circa 45 cm di diametro, composta di diversi frammenti i quali, se riassemblati, permettevano di ricostruire la coppa quasi nella sua totalità. Il reperto proveniva dall’area di Cerveteri ed era stato datato al V- VI sec. a.C. Ad avvalorare la tesi dell’appartenenza al periodo, il ritrovamento di due importanti firme sulla superficie della coppa: quelle di Onesimo ed Eufronio, rispettivamente decoratore e ceramista, entrambi famosissimi artisti attici. Nonostante l’iniziale entusiasmo dovuto al ritrovamento di un reperto così eccezionale, l’analisi stilistica e iconografica della kylix ne mise in dubbio l’autenticità: un disegno dai tratti non sempre eleganti e leggeri era accompagnato da didascalie che riportavano nomi di dubbia derivazione.
Tali incongruenze bastarono per richiedere all’Università di Milano un’indagine in termoluminescenza su frammenti che componevano il vaso. I risultati dell’analisi sembrarono confermare l’autenticità della coppa; inoltre, i dati coincidevano perfettamente con quelli ottenuti, mediante la stessa tecnica, da un laboratorio privato interpellato precedentemente, per produrre il certificato di autenticità del bene. Per avere un terzo parere, gli investigatori della Guardia di Finanza decisero di coinvolgere nella ricerca anche il Laboratorio di Analisi Non Distruttive ed Archeometria (LANDA) del Dipartimento di Scienze di Base Applicate all’Ingegneria della Sapienza, Università di Roma. Il team di ricerca romano decise di studiare i frammenti di coppa attraverso un approccio multianalitico. La kylix fu, quindi, analizzata attraverso:
- osservazione al microscopio
- misure di riflettanza delle superfici decorate
- fluorescenza di raggi X
Tutti i dati ottenuti furono poi confrontati con quelli derivati dalle medesime analisi realizzate, però, su reperti certamente autentici. Interpretando i risultati sia in maniera assoluta che sulla base del paragone tra campioni di dubbia provenienza e reperti museali, i ricercatori dedussero che la coppa ritrovata ed attribuita ad Eufronio non poteva essere certamente attica!
Infatti, l’argilla adoperata risultava essere più raffinata di quella di confronto, ovvero con meno inclusioni. La superficie ceramica, inoltre, presentava i segni di piccole bolle d’aria scoppiate sulla superficie in fase di cottura, il che indicava certamente una diversa temperatura di cottura tra la coppa e i campioni di riferimento. Come già suggerito dall’analisi stilistica, la decorazione a figure rosse, osservata ad alti ingrandimenti, era incerta e meno precisa rispetto a quelle originali. Infine, gli spettri di riflettanza delle vernici nere della coppa confiscata e quelli dei campioni provenienti da museo non seguivano lo stesso andamento.
Tuttavia, ciò che definitivamente decretò la non autenticità del reperto di dubbia provenienza fu l’analisi XRF (fluorescenza di raggi X) delle ceramiche: esistono, infatti, elementi chimici, presenti nelle argille come impurezze, che costituiscono dei marker per i luoghi di provenienza di questo materiale. Ebbene, la materia prima di cui era composta la kylix presentava tracce quasi impercettibili di nichel e cromo (presenti in elevate quantità nei vasi attici) e tracce insolite di bario, non evidenziato nei frammenti autentici.
Una volta definita la coppa di Eufronio come un falso, una nuova ed approfondita indagine della Guardia di Finanza ha permesso di scoprire che un falsario, con buone competenze artigianali ed esperto sia di archeologia che di tecniche diagnostiche, aveva irradiato un vaso di sua produzione, grazie alla collaborazione di un laboratorio di medicina nucleare, solitamente utilizzato per la cura dei tumori: così facendo, ha potuto prevedere i risultati della termoluminescenza e ingannare i ricercatori.
Dunque, la bravura dei falsari nel produrre frammenti ceramici irregolari con bordi consumati e smussati, l’idea di aggiungere sporco nelle fratture, le incrostazioni calcaree e i segni di invecchiamento, spesso sono scambiate per evidenze di autenticità di un reperto. Decorazioni realizzate con una linea iconografica e stilistica ben precisa possono instillare il dubbio anche nei più esperti. Se, poi, alla manualità e alla capacità artistica si aggiunge anche la furbizia dei maghi del falso, il lavoro del diagnosta si fa davvero arduo: sapevate che spesso, assieme ai frammenti falsi, vengono fatti ritrovare piccoli pezzi e polveri di materiale antico originale? Così facendo si aumenta la probabilità che le analisi di datazione siano svolte su parti di campione autentico!
La fisica applicata alla diagnostica per i beni culturali, l’uso di più tecniche analitiche e il lavoro di un team multidisciplinare sono spesso la migliore ricetta contro i falsari e il mercato dell’arte contraffatta.
Solitamente, gli esperti e gli studiosi del settore sono in grado di valutare se un oggetto è o meno un falso, attraverso un’attenta analisi delle caratteristiche e dei dettagli che lo compongono. Tuttavia, esistono falsari talmente bravi da mettere in dubbio le certezze anche dell’occhio più esperto. Quello della Coppa di Eufronio è uno di questi casi.
Nucleo per la Tutela del Patrimonio Archeologico della Guardia di Finanza sequestrò una grande kylix attica a figure rosse, di circa 45 cm di diametro, composta di diversi frammenti i quali, se riassemblati, permettevano di ricostruire la coppa quasi nella sua totalità. Il reperto proveniva dall’area di Cerveteri ed era stato datato al V- VI sec. a.C. Ad avvalorare la tesi dell’appartenenza al periodo, il ritrovamento di due importanti firme sulla superficie della coppa: quelle di Onesimo ed Eufronio, rispettivamente decoratore e ceramista, entrambi famosissimi artisti attici. Nonostante l’iniziale entusiasmo dovuto al ritrovamento di un reperto così eccezionale, l’analisi stilistica e iconografica della kylix ne mise in dubbio l’autenticità: un disegno dai tratti non sempre eleganti e leggeri era accompagnato da didascalie che riportavano nomi di dubbia derivazione.
Tali incongruenze bastarono per richiedere all’Università di Milano un’indagine in termoluminescenza su frammenti che componevano il vaso. I risultati dell’analisi sembrarono confermare l’autenticità della coppa; inoltre, i dati coincidevano perfettamente con quelli ottenuti, mediante la stessa tecnica, da un laboratorio privato interpellato precedentemente, per produrre il certificato di autenticità del bene. Per avere un terzo parere, gli investigatori della Guardia di Finanza decisero di coinvolgere nella ricerca anche il Laboratorio di Analisi Non Distruttive ed Archeometria (LANDA) del Dipartimento di Scienze di Base Applicate all’Ingegneria della Sapienza, Università di Roma. Il team di ricerca romano decise di studiare i frammenti di coppa attraverso un approccio multianalitico. La kylix fu, quindi, analizzata attraverso:
- osservazione al microscopio
- misure di riflettanza delle superfici decorate
- fluorescenza di raggi X
Tutti i dati ottenuti furono poi confrontati con quelli derivati dalle medesime analisi realizzate, però, su reperti certamente autentici. Interpretando i risultati sia in maniera assoluta che sulla base del paragone tra campioni di dubbia provenienza e reperti museali, i ricercatori dedussero che la coppa ritrovata ed attribuita ad Eufronio non poteva essere certamente attica!
Infatti, l’argilla adoperata risultava essere più raffinata di quella di confronto, ovvero con meno inclusioni. La superficie ceramica, inoltre, presentava i segni di piccole bolle d’aria scoppiate sulla superficie in fase di cottura, il che indicava certamente una diversa temperatura di cottura tra la coppa e i campioni di riferimento. Come già suggerito dall’analisi stilistica, la decorazione a figure rosse, osservata ad alti ingrandimenti, era incerta e meno precisa rispetto a quelle originali. Infine, gli spettri di riflettanza delle vernici nere della coppa confiscata e quelli dei campioni provenienti da museo non seguivano lo stesso andamento.
Tuttavia, ciò che definitivamente decretò la non autenticità del reperto di dubbia provenienza fu l’analisi XRF (fluorescenza di raggi X) delle ceramiche: esistono, infatti, elementi chimici, presenti nelle argille come impurezze, che costituiscono dei marker per i luoghi di provenienza di questo materiale. Ebbene, la materia prima di cui era composta la kylix presentava tracce quasi impercettibili di nichel e cromo (presenti in elevate quantità nei vasi attici) e tracce insolite di bario, non evidenziato nei frammenti autentici.
Una volta definita la coppa di Eufronio come un falso, una nuova ed approfondita indagine della Guardia di Finanza ha permesso di scoprire che un falsario, con buone competenze artigianali ed esperto sia di archeologia che di tecniche diagnostiche, aveva irradiato un vaso di sua produzione, grazie alla collaborazione di un laboratorio di medicina nucleare, solitamente utilizzato per la cura dei tumori: così facendo, ha potuto prevedere i risultati della termoluminescenza e ingannare i ricercatori.
Dunque, la bravura dei falsari nel produrre frammenti ceramici irregolari con bordi consumati e smussati, l’idea di aggiungere sporco nelle fratture, le incrostazioni calcaree e i segni di invecchiamento, spesso sono scambiate per evidenze di autenticità di un reperto. Decorazioni realizzate con una linea iconografica e stilistica ben precisa possono instillare il dubbio anche nei più esperti. Se, poi, alla manualità e alla capacità artistica si aggiunge anche la furbizia dei maghi del falso, il lavoro del diagnosta si fa davvero arduo: sapevate che spesso, assieme ai frammenti falsi, vengono fatti ritrovare piccoli pezzi e polveri di materiale antico originale? Così facendo si aumenta la probabilità che le analisi di datazione siano svolte su parti di campione autentico!
La fisica applicata alla diagnostica per i beni culturali, l’uso di più tecniche analitiche e il lavoro di un team multidisciplinare sono spesso la migliore ricetta contro i falsari e il mercato dell’arte contraffatta.
Bibliografia:
- Piacentini, M., Vero-Falso nei materiali ceramici. Il vero e falso nelle opere d’arte e nei materiali storici. Il ruolo dell’archeometria, 2008, 47-59.
- AA.VV., La felicità di un ritorno. Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia di Stato, un impegno costante per restituire l'Arte rubata all'Umanità. Recuperare per tramandare: Recuperi 2007-2008 in mostra a Roma, Castel Sant'Angelo. Gangemi editore.
- Felici A.C., Fronterotta G., Gatti S., Nicolais C., Piacentini M., Rossi M., Stabile L, Urso G., Vendittelli M., Pre-dated false ceramics: the case of an attic kylix, Atti del IV Congresso di Archeometria, Pisa 2007.
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