L’impiego di radiazione laser nel restauro: il “laser cleaning”
Lo sviluppo della tecnologia
legata ai sistemi di radiazione laser ha determinato, nell’ambito dei beni
culturali, non solo il consolidamento di innumerevoli tecniche spettroscopiche
per la loro caratterizzazione, ma anche l’impiego di nuove metodologie nel loro
restauro. In particolare, a partire dagli anni ’70, grazie all’idea di J.F.
Asmus and L. Lazzerini, ha iniziato ad affermarsi la procedura del “laser
cleaning”, ovvero di pulitura dei beni culturali attraverso l’esposizione a
luce laser.
L’esposizione
del patrimonio artistico all'ambiente genera, con il passare del tempo, dei
sottili strati di corrosione o dei depositi di sporco sulle superfici. Questa
patina, dovuta principalmente ai gas inquinanti dell’atmosfera che interagiscono
con la materia che costituisce il bene, può diventare la principale causa di
degrado del materiale, impedendo la conservazione del manufatto con la
conseguente perdita di importanti dettagli. Vi sono diverse procedure di
rimozione di queste patine dannose: tuttavia, in molti casi, l’intervento non
risulta essere sufficientemente selettivo.
Il laser cleaning si basa su
diversi processi, che possono dominare la procedura a seconda del tipo di
patina, della fluenza della radiazione e del colore della radiazione. La
fluenza, ovvero l’energia irraggiata per unità di superficie, è un parametro
critico, dal momento che una eccessiva esposizione potrebbe danneggiare anche
il materiale sottostante. Analogamente, la lunghezza d’onda impiegata deve
essere in risonanza, ovvero deve essere prossima alle energie di assorbimento
della patina. Generalmente viene impiegato il laser Nd:YAG con energia di 1064
nm ed impulsi brevi dell’ordine del nanosecondo, che impediscono lo scambio di
calore tra la patina corrosiva e la superficie sottostante.
Dal momento che la maggior
parte dei depositi di sporco assorbono fortemente a 1064 nm, è possibile
lavorare a basse fluenze: il grande assorbimento genera un rapido riscaldamento
e l’espansione della particella di sporco. La breve durata temporale della radiazione
ne consente la rimozione dalla superficie.
A maggiori fluenze possono
subentrare fenomeni come la vaporizzazione oppure processi più complessi e meno
selettivi come la generazione di onde di shock.
A partire dalla seconda metà
degli anni ’80, questa tecnica è stata impiegata per il restauro di diversi
manufatti in tutta Europa. Tale procedura ha trovato diverse applicazioni nel
corso degli anni: dalla rimozione dello strato di cloro formato su monete
bronzee alla pulitura di graffiti a inchiostro nelle Yungang Grottoes in Cina.
Questo vasto utilizzo può
essere riassunto nei seguenti vantaggi:
2) l’assenza di contatto meccanico, che lo rende utilizzabile anche sulle
superfici più fragili;
3) l’azione localizzata nello spazio;
4) la versatilità, ovvero la possibilità di impiegarlo su diversi campioni;
5) l’assenza di uso di solventi o agenti chimici tossici.
Tuttavia, al tempo stesso,
questa procedura risulta molto lenta se si vogliono ricoprire superfici molto
ampie e l’acquisto della strumentazione, a causa dei costi elevati dalla
sorgente laser, rappresenta certamente un investimento a lungo termine. Inoltre,
è una tecnica che va utilizzata con accortezza e criterio, in quanto in
presenza di manufatti policromatici, alcuni pigmenti risultano molto sensibili
alla radiazione a causa del diverso assorbimento: ad esempio, un singolo
impulso a bassa fluenza è in grado di modificare il vermiglione facendolo
apparire dal rosso al blu.
Alessandra
Riferimenti Bibliografici:
- A. Lorusso et al., Laser ablation threshold of cultural heritage metals, Radiation Effects & Defects in Solids, 163:4-6, 325-329, (2008) DOI:10.1080/10420150701777611
- Yayun Yea et al., Laser cleaning of contamination on sandstone surfaces in Yungang Grottoes, Optik International Journal for Light and Electron Optics 125(13):3093–3097 (July 2014) DOI: 10.1016/j.ijleo.2014.01.016
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