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News from diagnostic world: Cosa c’è dietro la Camera Blu di Picasso?


In occasione della mostra di Picasso alle Scuderie del Quirinale a Roma, oggi ci occuperemo di uno dei suoi primi capolavori, “La Camera Blu”, preludio al cosiddetto “Periodo Blu” dell’artista, eseguito nel 1901 durante il suo secondo soggiorno a Parigi. In particolare, mostreremo come le analisi scientifiche siano utili per svelare ciò che l’occhio umano, anche il più esperto, non è in grado di vedere.
Tracce di craquelures, ispessimenti della superficie e
perdita di pellicola pittorica, che lasciava scorgere aree colorate sottostanti al dipinto, hanno insospettito ed incoraggiato un gruppo di diagnosti della Phillips Collection ad indagare più a fondo.
Così, l’unione sinergica di più tecniche analitiche ha permesso di ottenere importanti informazioni sull’opera. Già la Riflettografia Infrarossa (IRR) nel range spettrale di 1500-1650 nanometri ha rivelato chiaramente che sotto “La Camera Blu” si celava il ritratto di un uomo ad una cena parigina, con la testa appoggiata alla mano destra e le dita adornate da anelli. Tuttavia, per determinare la composizione chimica dei pigmenti, la loro distribuzione e la stratigrafia di entrambi i dipinti ad olio su tavola, sono state fatte ulteriori analisi utilizzando il Microscopio Elettronico a Scansione (SEM-EDX), la Spettroscopia Infrarossa in Trasformata di Fourier (μFT-IR), la Spettroscopia Raman (μRaman) e la Diffrazione di Raggi X su polveri (μXRPD). La presenza degli stessi pigmenti in tutti e due i dipinti conferma l'ipotesi che Picasso dipinse entrambe le opere e a distanza di pochi mesi l’una dall’altra, da come si evince dall’assenza di vernici e sporcizia tra le due composizioni.
D’altra parte, la pratica del celebre pittore di riutilizzare le tele, probabilmente per ragioni economiche, non stupisce ed è già stata riscontrata in altre opere come, ad esempio, “Scène de Rue” (1900) dipinta su una versione di “Le Moulin de la Galette”.
Le microanalisi danno anche indizi sul diverso modo di dipingere di Picasso nelle due composizioni. Infatti, mentre nel ritratto il pittore applica il colore fresco (cioè bagnato) sopra un colore non ancora asciugato (“pittura alla prima”), ne “La Camera Blu” Picasso ha preventivamente mescolato i colori sulla tavolozza. In particolare, l'uso di bianco di zinco in tutto il dipinto, sia da solo che miscelato con altri colori, suggerisce che Picasso era solito mescolare le varie tonalità di blu, verde, rosa e bianco.
Infine, importanti informazioni si ottengono anche da tecniche non invasive come la Spettroscopia in Riflettanza per Immagini (RIS), la Spettroscopia in Luminescenza per Immagini e le mappature mediante Fluorescenza a Raggi X a sorgente di Sincrotrone (SR-XRF), che catturano dati da entrambi i dipinti contemporaneamente, mandando segnali diversi per ogni pigmento in ciascuna tecnica e fornendo, così, informazioni complementari tra loro. La RIS, infatti, è in grado di identificare pigmenti con elementi a basso numero atomico (ad esempio, il blu oltremare, un silicato di sodio e alluminio contenente solfuri) che presentano, invece, segnali deboli nelle tecniche XRF; al contrario, laddove la RIS mostra dei limiti nell'identificazione dei composti, la mappatura SR-XRF riesce a distinguerli. Nessuna tecnica, da sola, avrebbe potuto caratterizzare l’intera tavolozza di Picasso o ricostruire completamente il ritratto sottostante.
Se vi interessa scoprire quali pigmenti sono stati usati dall’artista nelle due opere e qual è il dettaglio utile ad un futuro riconoscimento del soggetto ritratto da Picasso nella prima composizione, leggete il lavoro originale (leggi qui, è scaricabile gratuitamente)!


Martina

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